Dopo sedici anni, Luciano Ligabue torna dietro la macchina da presa con Made in Italy, film prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci che trasforma in concept la storia che è stata punto focale del suo omonimo album, pubblicato nel 2016.
Al centro della scena di Made in Italy, una piccola cittadina della provincia dell’Emilia Romagna, in cui Riko (Stefano Accorsi) è un semplice e onesto uomo di mezz’età, che si arrabatta per condurre un’esistenza dignitosa, frustrato da un lavoro che non lo soddisfa più in un salumificio locale, dai problemi economici legati al mantenere la storica casa di famiglia e da un rapporto sempre più difficile con la splendida compagna Sara (Kasia Smutniak), madre del suo unico figlio Pietro (Tobia De Angelis). I momenti più felici e spensierati della sua vita sono quelli passati insieme agli amici di sempre, ovvero il collega Max (Walter Leonardi) e l’artista con il vizietto del gioco d’azzardo Carnevale (Fausto Maria Sciarappa). Dopo anni di insoddisfazione e attesa di miglioramenti, Riko decide di riprendere in mano la sua vita e di diventare artefice in prima persona del cambiamento da lui tanto auspicato.
Cosa funziona in Made in Italy
Made in Italy è un’opera che, invertendo la solita tendenza, mette sul podio dei vincitori chi la vita se la suda e se la riprende, quotidianamente, lontano dalle luci della ribalta e dai privilegi, e che racconta le peripezie di una generazione adulta, non ancora anziana, ma non più giovane. Un sincera atto d’amore di Ligabue per L’italia, con i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Perché non guardare Made in Italy
I personaggi di Made in Italy e l’approccio onesto e caloroso del regista rendono meno evidenti e incisivi gli aspetti meno riusciti del film, come qualche eccesso di retorica nella fase finale, un paio di evitabili forzature narrative e tecniche e la non sempre perfetta amalgama fra immagini e colonna sonora. Interessanti, invece risultano, alcune scelte registiche come alcuni primissimi piani utilizzati per scandagliare più da vicino i sentimenti e gli stati d’animo dei protagonisti.
Giocando costantemente su primi piani introspettivi e fotografie mozzafiato del paesaggio in cui i personaggi vivono, Luciano Ligabue racconta dell’ordinario, partendo da una terra che conosce come le sue tasche.