Isabelle: La nostra recensione del film di Mirko Locatelli arriva in sala con Strani film
Isabelle (Ariane Ascaride) è un’astronoma francese che vive in Italia in una grande casa sulle colline di Trieste. La campagna soleggiata, il mare a pochi chilometri, il paesaggio è un paradiso e come tutte le estati suo figlio Jérôme (Robinson Stévenin) passerà qualche tempo con lei. Isabelle lo ama molto, è pronta a fare qualsiasi cosa per lui, ma l’incontro con Davide (Samuele Vessio), un giovane che sta attraversando un momento di grande difficoltà, stravolge le loro vite.
Cosa funziona in Isabelle
Sinceramente, è molto difficile trovare uno spunto positivo, se non nella fotografia e nelle immagini di paesaggio. Sempre che non siate estimatori del minimalismo estremo, del vacuo e del non detto. Il progetto di Locatelli in questo caso può raggiungere alte vette di gradimento ed è sicuramente un prodotto consigliato.
Perché non guardare Isabelle
Se rifuggire gli stereotipi del cinema di genere, a vantaggio degli aspetti più intimi dei singoli personaggi, tutti incapaci di gestire un ruolo che la vita gli ha riservato loro malgrado era l’intento di Locatelli, ebbene forse è fuggito troppo: il film risulta troppo vago, lacunoso. La struttura crolla durante i 90 infiniti minuti in cui i personaggi si muovono come presi dal loro caos interiore, dando luogo ad azioni quasi insensate o che non portano a niente. Anche volendo passare oltre questi aspetti e volendo trovare un punto d’appiglio nelle tematiche esplorate, come il dramma degli incidenti stradali o i legami famigliari, non riusciamo ad aggrapparci perché anch’esse a un certo punto si perdono e diventano marginali al centro di qualcosa di non chiaro.
Isabelle di Locatelli si muove da un punto interessante, da cui avrebbe potuto partire la svolta thriller, o la svolta prettamente drammatica di un rapporto madre-figlio corroso da un evento e da un segreto devastante, ma troppo preso, forse, da quello che non avrebbe voluto essere, si scioglie sotto gli occhi dello spettatore a cui non rimane assolutamente nulla se non l’aver tentato di capire, per 90 minuti, una storia dalla trama estenuantemente scollata, e agli dello spettatore comune quasi senza senso.