Il Prigioniero Coreano: Con qualche anno di ritardo arriva finalmente al cinema dal 12 Aprile, grazie alla distribuzione di Tucker Film, l’ultimo film del regista coreano Kim Ki-Duk.
Nam Chul-woo, un portentoso Ryoo Seung-bum, è un poverissimo pescatore che vive con la moglie e la figlioletta di 7 anni in una semplice casa sulle sponde di un lago ai confini fra la Corea del Nord e quella del Sud. Dal lago e dalla sua piccola imbarcazione, costata anni di sacrifici, dipende completamente il suo sostentamento e quello della sua umile ma felice famiglia. A causa di un guasto dell’usurato motore, il pescatore si trova inaspettatamente nelle acque di pertinenza della Corea del Sud scatenando contro la sua volontà un pesante incidente diplomatico. Il semplice pescatore si troverà nel mezzo di un kafkiano processo, speculare sia da parte della opulenta Corea del Sud che dalla ideologica patria di provenienza, nel quale dovrà difendersi da entrambe le parti da assurde accuse di spionaggio. Una devastate prova fisica e psicologica che Nam affronterà stoicamente con il solo intento di poter tornare alla sua amata vita familiare.
Cosa funziona ne Il Prigioniero Coreano
Universalmente noto per gli splendidi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“ e “Ferro 3 – La casa vuota“ Kim Ki-duk riconferma prepotentemente il suo talento di cineasta e narratore. Con Il Prigioniero Coreano, acclamato al Toronto Film Festival e alla Mostra di Venezia, il regista finemente cesella lo stridore di due nazioni gemelle lacerate da un infinito scontro militare e ideologico che a più tratti evidenzia le similitudini fra due mondi percepiti come opposti ma similmente oppressivi.
Il culto della personalità da un lato e quello per il profitto dall’alto inevitabilmente stritolano l’esistenza del povero pescatore che al culmine dell’esasperazione grida ai suoi persecutori la sua innocenza, simbolo perfetto di quel senso di impotenza di un popolo vittima di due totalitarismi. Un’opera di deflagrante impatto emotivo in cui nessuno può dirsi innocente in una epopea tragica senza scampo.
Perché non guardare Il prigioniero coreano
Questa splendida pellicola del regista coreano non ammette scampo né redenzione, nessuna strada consolatoria percorre questa bella opera, in particolare per quel mondo occidentale che millanta una superiorità di cui non è mai degno portatore. Ad ogni scena sempre più ipocrita appare infatti l’atteggiamento della “evoluta” Corea del Sud che pur nella sua opulenza e nel suo apparente maggior rispetto dei diritti umani non ha remore nello schiacciare il semplice Nam e la sua indifesa famiglia. Tali caratteristiche ne fanno un’opera inadatta per i deboli di cuore.
Lasciate ogni speranza voi che entrate.