Giochi di Potere: L’attore inglese Theo James – i più lo ricorderanno per i suoi ruoli nelle saghe di Divergente Underworld– interpreta un giovane funzionario delle Nazioni Unite nel film di Per Fly, ispirato dall’autobiografia di Michael Soussan, Backstabbing for Beginners: My Crash Course in International Diplomacy.
Nel 1995, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decise di varare il programma Oil For Food come cuscinetto per le conseguenze scaturite dalla guerra del golfo e riversatesi sulla popolazione iraqena. Scopo del programma: fornire cibo, farmaci e beni di prima necessità per i cittadini sotto il regime di Saddam Hussein, in cambio dell’immissione sul mercato mondiale delle risorse petrolifere del paese. Ma se il fine di partenza può definirsi nobile, lo stesso non si può dire del modo in cui è stata portata avanti l’intera operazione, rimasta vittima della corruzione dilagante nei piani alti dei paesi coinvolti. Nel 2003, il 24enne Michael (Theo James) riesce a ottenere il lavoro dei suoi sogni come diplomatico nella più importante delle organizzazioni internazionali, seguendo le orme del padre, ormai da tempo deceduto. Sotto la guida di Pasha (Ben Kingsley), il ragazzo proverà a farsi strada nell’ambiguo e complicato mondo della diplomazia, percorrendo una via resa estremamente “scivolosa” e non facile da percorrere a causa dell’avidità umana, e dovendosi più volte domandare a chi dichiarare la propria lealtà, e fino a che punto.
Cosa funziona in Giochi di Potere
Qualche anno fa venne pubblicato un libro, La Globalizzazione e i suoi Oppositori, scritto da Joseph E. Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, ed ex-funzionario dell’Amministrazione Clinton e della Banca Mondiale. Leggendo le parole di Stiglitz, per lo più rivolte all’operato del Fondo Monetario Internazionale e al funzionamento dei meccanismi economici e finanziari a livello mondiale, sembra riecheggiare il leitmotiv proprio anche di Giochi di Potere: alcune (molte) politiche promosse dalle istituzioni internazionali non vanno a favore dei più, ma a vantaggio di pochi (privilegiati), ed è la loro stessa struttura funzionale alla base del problema.
In una realtà dove sono i secondi fini e gli interessi personali a prevalere, dove le politiche vengono basate sul mantenimento del consenso generale, piuttosto che sulla loro reale efficacia, e dove le ricette prescritte per “curare” le malattie finiscono invece per aggravarle, è la voce di un singolo a offrire un barlume di speranza. Michael Soussan, nel suo piccolo, ha cercato di fare esattamente questo – nonostante il suo percorso non sia stato dei più limpidi e inappuntabili – e un po’ come il Mark Felt di Liam Neeson in The Silent Man, alla fine decide rischiosamente di anteporre i bisogni dei più ai suoi, portando alla luce gli oscuri procedimenti dei suoi superiori.
Perché non guardare Giochi di Potere
Quello in cui però riesce The Silent Man e in cui fallisce abbondantemente Giochi di Potere è rendere la storia non solo credibile, ma anche accessibile per lo spettatore. Dopo la prima mezz’ora, è difficili rimanere in tune/tuned, “sintonizzati”, con il personaggio di Michael – nonostante la valida interpretazione di Theo James -, così come con l’intreccio generale, che più volte mostra segni di trasandatezza e prevedibilità. Fanno sorridere – leggasi storcere il naso – alcuni risvolti che, più o meno autentici che siano, non sono stati trasposti esattamente con brillantezza e fluidità. Per chi manca di contesto storico – come probabilmente accade per lo spettatore occasionale – stare dietro alle vicende e ai vari “spiegoni” si potrebbe rivelare alquanto impegnativo e poco stimolante.
Tuttavia, l’obiettivo principale del film sembra essere, anche a detta dello stesso Michael Sausson, “portare alla luce la verità”. O almeno, più versioni possibili di essa. E questo, Giochi di Potere, riesce ad attuarlo.
Giochi di Potere sarà al cinema dall’11 Luglio