Ebbene, a oltre un anno di distanza dalla sua prima mondiale al Festival di Venezia, ove era in concorso, parliamo nuovamente di First Reformed – La creazione a rischio scritto e diretto da Paul Schrader, interpretato da un superbo Ethan Hawke, in odore di nomination ai prossimi, immediati Golden Globe e outsider in pole position addirittura per la ventura corsa agli Oscar come Miglior Attore Protagonista, visti i suoi recentissimi premi come best male lead ai Gotham Awards e ai prestigiosi New York Film Critics Circle Awards.
Leggi la recensione del filmPaul Schrader, un nome imprescindibile del Cinema contemporaneo. Fra i migliori e più sottili, sofisticati sceneggiatori di sempre, writer di alcuni indissolubili capolavori scorsesiani come Taxi Driver, Toro scatenato, L’ultima tentazione di Cristo, Al di là della vita, di Mosquito Coast per Peter Weir o di Yakuza per Sydney Pollack, e regista forse (un forse abbastanza marcato) meno bravo di Scorsese, dalle alterne fortune e a differenza di Martin molto più discontinuo ma, parimenti allo zio Marty, perennemente ossessionato da cristologici temi spiritualmente potenti come la colpa, il peccato, l’afflizione carnale e metafisica che dagli albori dei tempi tormentano e affliggono il contradditorio, combattuto animo umano, scisso da un’atavica, imponderabile, antitetica, dicotomica lotta fra bene e male nel suo cammino esistenziale. Sì, un esistenzialista, un calvinista, un poeta bressoniano. Cineasta comunque autore di film mastodontici e pregevolissimi come Hardcore, American Gigolò, Lo spacciatore, Affliction, appunto, The Walker e di perle intriganti e sottovalutate come Cortesie per gli ospiti, tratto dal grande Ian McEwan.
Il quale, dopo una serie di prove dietro la macchina da presa assai controverse e inefficaci, eccessive o forse troppo sperimentalistiche, con questo First Reformed ha fatto nuovamente centro in maniera portentosa. Perché, come detto, First Reformed è piaciuto immensamente alla Critica americana e la sua feroce e viscerale sceneggiatura sta ricevendo riconoscimenti a raffica. Sebbene, quando esordì alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, fu accolto da pareri alquanto discordanti e la nostrana intellighenzia recensoria, con in prima linea Paolo Mereghetti (altrove suo fervido ammiratore) che lo stroncò abbastanza impietosamente, fosse stata meno allineata rispetto ai giudizi, ribadiamo, entusiastici della stampa d’oltreoceano.
Ecco, a un anno di distanza dalla sua presentazione ufficiale, l’abbiamo rivisto con più lucidità e maggiore oculatezza. E concordiamo nell’affermare fermamente che, in effetti, molti superficiali critici, che all’epoca lo snobbarono e liquidarono in fretta e furia, dovrebbero riguardarlo più ponderatamente, così come abbiamo fatto noi. E ricredersi dei loro spietati giudizi.
Perché First Reformed è davvero un grande film, magnifico.
Puro Paul Schrader al cento per cento. Un suo film in tutto e per tutto ove ogni da ogni fotogramma trasuda la sua inconfondibile poetica, e ciò si evince in ogni crisma fotografico, in ogni minima, apparentemente impercettibile sfumatura diegetica e strutturale della trama e della sua messa in scena, rigorosa, austera, appunto ecclesiastica, formalmente cristallizzata in estenuanti primi piani ravvicinatissimi del volto iper-espressivo, emaciato e perso di un Hawke straordinario e magnetico dal languido sguardo vitreo.
A prima vista monocorde e monolitico, incastonato nella sagoma della sua ieratica tonaca lugubre da prete-vampiro solitario che peregrina confuso da uno stato emotivo all’altro e passeggia timidamente come un introverso missionario di un Dio a cui forse neppure lui crede. Ma a cui vuole speranzosamente credere. Per non morire dentro.
Un uomo che ha perso suo figlio, ucciso in guerra. Da allora, da questa sconvolgente tragedia, si è “riformato” nella fede in nostro Signore e in Cristo il salvatore.
E, come un fantasma sfuggente perfino a sé stesso, come uno schizofrenico santo e come un allucinato, meravigliato e impaurito Travis Bickle di Taxi Driver, come diretto discendente e apostolo di quest’ultimo, vaga di giorno a profeta della sua piccola chiesa da pastore protestante, figlio di Martin Lutero, e di notte, intorbidito dall’insonnia, scrive il suo diario di dolorose, dubbiose memorie. Con la penna stilografica di emozioni fortissime, trattenute, versate e intinte nel cuore impallidito e tumefatto di una corrosiva, insanabile disperazione, illuminato soltanto da qualche fugace attimo di pace e, nel buio più insondabile del suo inguaribile tormento, rischiarato solo dal fulgore caldo di una lanterna dolce come la freschezza inebriante della neve più lieve e morbida.
Sì, il film è sobriamente avvolto da una vigorosa, pervasiva atmosfera plumbea ed è ambientato durante un cimiteriale, funereo inverno spettrale e nevoso. Anzi, nervoso come lo straziato spirito inquieto di un febbricitante Hawke, un uomo quasi bergmaniano.
Molti l’hanno paragonato a Diario di un curato di campagna, appunto, di Bresson. O proprio a un rifacimento di Taxi Driver in abiti talari.
A ognuno la sua libera interpretazione. Anche del suo criptico, catartico finale inquietante e apocalittico.
A prescindere da Schrader, il quale davvero meriterebbe una sacrosanta rivalutazione, soffermiamoci ancora sulla prova di Hawke.
Tutti noi ricordiamo la sua tenera e commovente interpretazione, un trentennio fa, nell’Attimo fuggente assieme al compianto Robin Williams, film che gli diede la popolarità.
Ed è impressionante che, a distanza di tre decadi, Hawke venga ancora identificato superficialmente, almeno dallo spettatore italiano medio, come Todd Anderson, l’adolescente problematico, introverso e spaurito del film succitato.
Il texano Ethan Hawke, nato ad Austin il 6 Novembre del 1970, alla soglia dunque di un compleanno fatidico per cui anagraficamente diverrà un cinquantenne, perciò un bel signore elegantissimo che ha attraversato mezzo secolo, è oggi uno dei maggiori portavoce del Cinema indipendente.
Produttore, regista e soprattutto performer e sceneggiatore, fra gli altri, dei due cult Prima del tramonto e del suo seguito Before Midnight (per i quali, in entrambi casi, è stato candidato agli Academy Award come Best Writing, Adapted Screenplay) del suo inseparabile amico Richard Linklater.
Un attore che, nonostante il turbolento matrimonio e tanti figli con la sua ex storica, Uma Thurman, e circa ottanta credits come interprete cinematografico, malgrado le due candidature come Best Performance by an Actor in a Supporting Role per Training Day e Boyhood, per un motivo e per l’altro non è mai riuscito a entrare nella cinquina degli Oscar da Attore Protagonista.
Tanti bookmakers sono pronti a scommettere che, con questa sua stupenda, sofferta e sentita prova di First Reformed, possa stavolta finalmente farcela.
Fra pochi giorni, intanto, saranno annunciate le candidature ai Golden Globe. E, se Hawke entrerà nella lista dei cinque candidati come Best Drama Actor, direi che la sua Oscar Race sarà già a buon punto.
Forza, Ethan!
First Reformed è disponibile in DVD con Universal Pictures Home Entertainment Italia
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