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Figlia Mia – Recensione dell’opera seconda di Laura Bispuri, di nuovo in coppia con Alba Rohrwacher

In contemporanea con la buona accoglienza di Berlino, esce in Italia Figlia Mia, opera seconda di Laura Bispuri dopo Vergine Giurata. Con Alba Rohrwacher e Valeria Golino.

Figlia Mia (Italia, 2018) è prima di tutto l’attesa opera seconda di Laura Bispuri, a tre anni dall’apprezzato e discusso Vergine Giurata. Con il film d’esordio Figlia Mia condivide alcuni punti tematici piuttosto forti (il mondo quasi interamente femminile lontano dalla civiltà urbanizzata; lo stile intimista, da studio di caratteri), quanto basta per poter cominciare a parlare di una poetica della regista romana, nome a questo punto piuttosto caldo nel panorama italiano. La critica straniera, come già per Vergine Giurata, anch’esso portato in anteprima a Berlino nel 2015, è semplicemente impazzita per i suoi ritratti femminili duri e controversi, le ambientazioni agresti, le scene audaci (se rapportate al solitamente asettico cinema d’autore nostrano). La stampa italiana si è mantenuta piuttosto fredda. Il film non è niente male.

In una località imprecisata della Sardegna, Figlia Mia mette in scena in meno di novanta minuti una piccola storia di formazione con al centro la piccola Vittoria (Sara Casu). Ragazzina minuscola, silenziosa e dai capelli rossi, Vittoria è emarginata dalle compagne di scuola oche, ed ha un rapporto sottilmente conflittuale con l’iper-protettiva madre Tina (Valeria Golino). Le due passano le giornate assieme, tra il porto dove Tina e la maggior parte degli altri abitanti del luogo lavorano e le assolate campagne dei dintorni.
Vittoria non lo sa, ma lo spettatore si: la bambina non è in realtà figlia di Tina, ma di Angelica (Alba Rohrwacher), la derelitta del paese, alcolizzata, forse prostituta, proprietaria di una diroccata fattoria dove vive alla stessa maniera degli animali che vi razzolano. Angelica è l’opposto di Tina: orgogliosa, apprensiva e timorata di Dio la madre adottiva, animalesca, ghignante e lasciva quella biologica. Tra le due vi è un patto: in cambio di soldi e aiuti economici, Angelica non dovrà rivelare a Vittoria di essere in realtà sua madre. Ma la ragazzina, ormai grande, comincerà a trovarsi attratta da questa misteriosa strega ai margini della città.

Perché vedere Figlia Mia

Ancora più del precedente film, in Figlia Mia la Bispuri lavora su un impianto visivo piuttosto forte. Il film sembra molto interessato a distinguersi, imporre la propria presenza e conquistare attivamente l’attenzione degli spettatori, all’opposto dei soliti timidi film a mezza voce del cinema festivaliero nostrano. Lo fa attraverso una serie di immagini (Figlia Mia è un film di immagini più che di dialoghi) potenti, ridondanti forse, ma d’impatto. Gli impiegati portuali puzzano, sono sporchi, sudati. La campagna è torrida e accecante, i capelli rossi di Sara Casu brillano come un personaggio a sé. Il bar dove Angelica si ubriaca e si porta i pescatori nel retro per pochi spiccioli è illuminato da un neon quasi lisgerico, immerso nel fumo. La star Vladan Radovic in Fotografia si scatena, e mette il suo occhio artificioso e artificiale al servizio di una storia minimale e naturalistica. L’effetto c’è.

Innegabilmente forte è anche l’utilizzo che in Figlia Mia la Bispuri fa di Alba Rohrwacher. Attrice sempre sottilmente inquietante, con forti toni di repressione e frigidità scritti sul volto pallido, si dedica anima e corpo alla rappresentazione di un personaggio all’opposto totale del suo ruolo classico (e di quello ricoperto in Vergine Giurata). Con Angelica la Rohrwacher è clamorosamente sensuale, divoratrice, quasi disturbante. Usa al massimo il corpo, la recitazione fisica e sopra le righe. Un po’ strega lo è sempre stata: la Bispuri lo esplicita e ne fa una Circe pericolosa, che divora uomini e vive con i porci. Siamo forse un passo o due oltre l’overacting, ma Figlia Mia è anche l’occasione per vedere un’attrice tra le più composte del nostro cinema darsi ad un ruolo che pare pensato per Jennifer Jason Leigh. Quando ricapita?

Cosa non funziona in Figlia Mia

Tutto ciò che riguarda il comparto “autoriale” in Figlia Mia, e in questo la critica italiana ha visto giusto, è poca cosa. Il discorso sulla maternità, la tentazione di Vittoria divisa tra la madre apprensiva e quella luciferina, rimane una bozza, una suggestione con poco da dire. Non c’è un vero e proprio intreccio in Figlia Mia,e anzi quando nel finale si tenta quella strada il film sbanda e inciampa su sé stesso. Le metafore varie su femminilità e crescita non dicono molto, e non è chiaro dove voglia andare una storia che, vista alla fine, tiene a malapena trenta minuti di pellicola. Per quanto provi a far valere la propria messa in scena, la Bispuri non riesce a smarcarsi da un difetto intrinseco del nostro cinema d’autore da trent’anni a questa parte: voler dire tutto raccontando poco, e finire col non dire nulla.
A questo si aggiungano qualche vizio di forma non indifferente, come alcuni dialoghi bruttini ed una certa difficoltà delle protagoniste (pesantissimo in particolare nella Golino) nel padroneggiare l’accento locale, e, di conseguenza, calarsi in maniera credibile nel contesto. La piccola Casu viene saggiamente fatta parlare pochissimo, e quando lo fa non pare del tutto a suo agio. C’è anche Udo Kier, abbronzatissimo, in un ruolo di due battute: ai tedeschi Vergine Giurata era piaciuto molto.

Figlia Mia segna il ritorno di una nuova autrice, sempre più interessante ma ancora alla ricerca della vera maturità. Il suo secondo film è ancora piuttosto sterile, ma sa a tratti essere potente, e tirare fuori grinta sconosciuta dalla sua protagonista. Per la vera conferma, aspetteremo magari il terzo.

Regia: Laura Bispuri Con: Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Sara Casu, Udo Kier, Michele Carboni Anno: 2018 Nazione: Italia, Svizzera, Germania Distribuzione: 01 Distribution Durata: 90 min

About Saverio Felici

(Roma, 1993) Lavora nei campi dell'editoria e della produzione audiovisiva. Scrive e collabora tra gli altri con Point Blank, Nocturno e Cineforum.

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