Spinto dallo straordinario successo del primo capitolo diretto da Tim Miller, Ryan Reynolds torna a vestire in Deadpool 2 i panni dell’antieroe più ironico, dissacrante, sfrontato, sfacciato e sboccato dell’intero Marvel Universe, benché calato ancora una volta nell’universo cinematografico degli X-Men targato Fox.
La vita di Wade Wilson (Ryan Reynolds), convinto di aver trovato la definitiva tranquillità da tempo ricercata, viene scossa da un tragico evento che lo segna in maniera indelebile, portandolo sull’orlo del baratro. Entrato in una sorta di stato depressivo, Deadpool finisce in carcere insieme al giovane mutante Firefist (Julian Dennison), che giura di proteggere per onorare la memoria della persona a lui più cara. Quando però Cable (Josh Brolin) giunge sulla Terra dal futuro con l’obiettivo di cambiare il corso degli eventi che ha portato dolore alla propria famiglia, la faccenda per Deadpool si complica in maniera più che inaspettata.
Cosa funziona in Deadpool 2
Sarebbe stato folle e insensato cambiare il registro e i toni di Deadpool, considerando come il successo del primo capitolo derivi prevalentemente dalla capacità del logorroico eroe nato dalla penna di Rob Liefeld di intrattenere il suo pubblico sia attraverso il costante bombardamento comico messo in atto con battute, frecciatine e ironia, sia attraverso la costante rottura della quarta parete per coinvolgere ancor di più lo spettatore. In questo senso Deadpool 2 non tradisce le attese: lo stile del film rimane immutato, la qualità della carica comica del supereroe assolutamente intatta, grazie anche alla capacità degli sceneggiatori di saper pescare “materiale da battute” da avvenimenti recenti, cinematografici e non.
Deadpool 2 non fa rifiatare lo spettatore. Dall’esplosione (reale e figurata) iniziale scaturisce un turbinio di azione e tagliente ironia che difficilmente si dimostra incapace di catturare. Come per il suo predecessore, l’aspetto narrativo passa in secondo piano (o meglio, diventa assolutamente lineare) quando c’è da dare assoluto risalto al vero protagonista della pellicola. Anche i co-protagonisti diventano accessori (spesso comici) con il compito di risaltare l’antieroe Marvel, catalizzatore di tutto l’universo cinematografico che gli ruota intorno.
Ciononostante, la figura di Cable, introdotta in questo secondo capitolo, resta comunque interessante e incredibilmente funzionale come “involontaria” spalla comica dello stesso Deadpool. Il team-up tra i due funziona egregiamente, soprattutto nello stridere tra la vendicativa serietà di Nathan Winters e l’incontenibile natura “politically incorrect” di Wade Wilson.
Perché non guardare Deadpool 2
Deadpool 2 è un more of the same, impossibile negarlo. Chi ha visceralmente odiato le caratteristiche fondanti dell’antieroe difficilmente troverà il modo di apprezzarlo con questo secondo capitolo. Stravolgere la natura di Deadpool significherebbe cambiare un personaggio che, senza se stesso, perderebbe ogni senso di esistere: proprio per questo in Deadpool 2 Reynolds porta con sè tutti i pregi ed i difetti del costume che indossa. Non mancano infatti passaggi comici (e narrativi) forzati, fisiologici quando si parla di due ore nette di intrattenimento in cui è necessario inserire almeno una battuta o una gag ogni due minuti, così come manca qualsiasi profondità al film stesso.
Siamo di fronte, al contrario del predecessore, ad un finto drammatico in cui i canoni del melò vengono inseriti per poi essere completamente stravolti: chiunque fiuti anche solo qualche indizio di dramma rimarrà deluso dal constatare come il dissacrante eroe sia capace di mandare ogni volta fuoristrada lo spettatore. Senza dimenticare, oltretutto, come Deadpool incarni molteplici aspetti sia del Marvel Cinematic Universe (pur non facendone parte), che della pop-culture in generale. Chiunque rigetti le due categorie è avvisato.
Deadpool 2 è ancor più one man show del suo predecessore. Nell’assenza di un vero villain e nella funzionalità di tutti i personaggi al ruolo di Reynolds, ciò che emerge è un “festival del cazzeggio” di cui Deadpool è regista, sceneggiatore e produttore esecutivo. Anche se qualche battuta non riesce o qualche situazione comica cigola leggermente, la pellicola sa riservare un qualcosa sempre capace di stupirci nella nostra percezione del folle e dell’assurdo, culminando nelle scene post-credits (in particolare una) forse più azzeccate di sempre. È Deadpool, aspettarsi qualcosa di diverso sarebbe folle quasi quanto lui.