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Black Tide – Recensione del giallo di Erick Zonca con Vincent Cassel protagonista

Vincent Cassel, Roman Duris e Sandrine Kiberlain protagonisti di Black Tide, poliziesco francese diretto da Erick Zonca. In uscita in Italia dal 22 novembre

Con Black Tide, il giallone all’europea contemporaneo si mostra nella sua veste cinematografica più commerciale. Tra Italia e Francia è tutto un proliferare di commissari seriali e micro-indagini local, e se da noi la tendenza si traduce al cinema in discreti successi nazionali, oltralpe, dove i gusti sono simili ma l’industria più forte e competitiva, si lavora con occhio internazionale. Black Tide, ovvero Fleuve Noir, è un prodotto discreto, studiato per la larga distribuzione, con un protagonista importante e un plot medio per tutte le stagioni. Affidato ad un ex autore indipendente prontamente riconvertitosi in shooter su commissione (l’Erick Zonca di La Vita Sognata dagli Angeli), il risultato è un film super-commerciale, perfettamente mediocre, e pertanto centrato.

Black Tide si appoggia senza difficoltà ad una struttura giallistica classica: un adolescente, proveniente da una famiglia problematica, scompare una mattina nel tragitto verso la scuola. Lo sbirro violento e alcolizzato Francois Visconti (Vincent Cassel) prenderà in mano l’indagine: affascinato dalla madre di lui Solange (Sandrine Kiberlain), inizierà a sospettare dell’ambiguo vicino di casa Bellaile (Roman Duris), professore di letteratura e scrittore dilettante, legato da un rapporto ambiguo al ragazzino scomparso. Contemporaneamente, Visconti dovrà risolvere il difficile rapporto con il figlio, coinvolto suo malgrado in un giro di spaccio tra adolescenti.

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Cosa funziona in Black Tide

Black Tide si appoggia ad un cliché proprio della narrativa poliziesca USA (lo sbirro autodistruttivo e alcolizzato, contrapposto al commissario umanista e benevolo di tradizione simenoniana), e punta dritto e senza distrazioni ad un’indagine facile facile di scuola giallo classico più che noir o hard-boiled. Dunque, niente spaccato sociale, niente coinvolgimento personale, niente lotta per la sopravvivenza: un protagonista buono, un crimine, 2-3 sospettati, svolgimento diretto e risoluzione. La semplicità è un po’ la chiave produttiva di tutto Black Tide, riuscita versione filmica dei gloriosi “gialli da ombrellone” che oggi godono di una nuova giovinezza. L’unico tratto distintivo (che insaporisce il film e lo distanzia da altri adattamenti più smorti) è una certa ricercata sgradevolezza sopra le righe degli attori: a partire dal Cassel più laido e gigione degli ultimi tempi, fino ad un Duris che pare un villain da film DC espatriato, fa sorridere la scelta di incrociare la grigissima messa in scena con una serie di interpretazioni improbabili e cartoonesche. Il realismo ne risente, ne giova il divertimento estemporaneo.

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Perché non guardare Black Tide

Black Tide è competente e nulla più. Ma in questi film è un attimo per cui il minimalismo si traduca in svogliatezza o pigrizia: la pulitissima indagine di Visconti scorre serena come un episodio di un procedural televisivo di lusso, con super attori in vena di demenza e giusto un leggero gusto per dettagli sordidi. Dettagli appunto, che rimangono sullo sfondo senza dare una direzione forte al film: spunti macabri come omosessualità violentemente repressa, pedofilia, stupri e incesti vengono raccontati o accennati, ma mai messi in scena. E Zonca si guarda bene dal cercare atmosfere da Silenzo degli Innocenti, che rimangono suggerite con qualche simpatica citazione (cantine oscure con luci che si spengono), e in qualche abbozzo di approfondimento psicologico contorto a dire poco. Black Tide si traveste inizialmente da hard-boiled sociale contemporaneo (si parla di banlieue, spaccio, radicalizzazione islamista), ma si rifugia in capo a mezzora nel terreno chiuso e pigro della detective story da romanzetto, e non ne esce più. Persino l’interessante sottotrama a base di soldi sporchi e gang africane viene messa da parte, in favore di psicologismi cialtroni e colpi di scena improbabili.

Nonostante le ambizioni, in patria Black Tide non ha raccolto quanto sperato, e l’uscita internazionale resta forse un obbligo tecnico. Sorte ingiusta per un film semplice ma non brutto, competente e con qualche sporadico guizzo di personalità. Troppo poco però, in un contesto di mediocrità fin troppo dimenticabile.

Regia: Erick Zonca Con: Vincent Cassel, Sandrine Kiberlain, Roman Duris, Charles Berling Anno: 2018 Durata: 113 min Paese: Francia, Belgio Distribuzione: Sun Film Group

About Saverio Felici

(Roma, 1993) Lavora nei campi dell'editoria e della produzione audiovisiva. Scrive e collabora tra gli altri con Point Blank, Nocturno e Cineforum.

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