Black Panther: In arrivo nei cinema italiani durante il giorno di San Valentino, l’ultimo cinefumetto targato Marvel Studios, con protagonista Chadwick Boseman, si prepara a sbaragliare il botteghino e a sfidare la supremazia di 50 Sfumature di Rosso.
Dopo gli eventi narrati in Captain America: Civil War, T’Challa (Chadwick Boseman) eredita, alla morte del padre, il ruolo di Black Panther e il trono del regno di Wakanda , una nazione iper-tecnologica nascosta nel cuore dell’Africa. Le problematiche del regnare emergono in fretta a causa del ritorno di alcune vecchie conoscenze, Ulysses Klaue (Andy Serkis) e un misterioso villain interpretato da Micheal B.Jordan.
Cosa funziona in Black Panther
Come in Scappa – Get Out, Black Panther continua l’interessante parentesi della formulazione di racconti cinematografici aventi la tematica del razzismo, ma coniugati ai generi più disparati. L’obiettivo che si pone la Marvel è quindi lodevole, proprio perché si riesce ad esporre all’attenzione (anche dei più piccoli) situazioni reali tramite la rappresentazione della finzione, dell’astrazione in un immaginario horror o, in questo caso, all’interno dell’onnipresente Marvel Cinematic Universe. Si rivela convincente anche la realizzazione visiva del regno di Wakanda, un ammaliante caleidoscopio cinematografico contornato da una sensazionale colonna sonora, tra cui si annoverano due eccezionali brani di Kendrick Lamar. Alla sua terza regia e scrittura cinematografica, Ryan Coogler, si conferma un regista e autore da tenere in grandissima considerazione. Il suo Black Panther è un concentrato esplosivo di azione, dramma, mistero e ironia in cui emergono anche barlumi di vena autoriale, troppo spesso soffocata dagli studios in questo tipo di produzioni.
Perché non guardare Black Panther
I valori positivi sopra riportati vengono, purtroppo, sfruttati nemmeno alla metà del loro reale potenziale: il razzismo, che durante il corso viene pure esplicitato senza problemi, viene talvolta accantonato per dare spazio alle solite “spettacolari” scene d’azione dei cinecomics; la natura ibrida di Black Panther, connubio tra racconto a tinte razziali e cinefumetto, non fuoriesce del tutto. A deludere è poi un mancato approfondimento dei personaggi che circondano T’Challa, figurine monodimensionali che riprendono archetipi già sviscerati in maniera migliore da altri film del suddetto genere. Persino del villain di Micheal B.Jordan, pur rivelandosi estremamente riuscito nel confronto di carattere quasi shakespeariano con il protagonista, giunti i titoli di coda si sarebbe voluto sapere e vedere di più di quanto non venga effettivamente mostrato. Un discorso simile si potrebbe fare per le dinamiche sociali ed economiche che sostengono il regno di Wakanda, introdotte in maniera frettolosa e sbrigativa, senza riservarle il giusto minutaggio per metterle in scena. Sono tuttavia aspetti marginali se rapportati al vero scopo della pellicola: raccontare la genesi e il volto della Pantera Nera.
Black Panther si rivela un prodotto d’intrattenimento godibile con un significativo insegnamento, ma con dei limiti che lo collocano lontano dall’essere il miglior cinecomic Marvel, al contrario di quanto è stato decantato dai critici statunitensi. Un prodotto comunque vincente che prende le distanze dalla commedia spinta del più recente Thor Ragnarok e si posiziona felinamente al ridosso della trilogia di Captain America.