Altered Carbon: Oggi parliamo di una serie che ci ha fatto rivivere una sessione di gioco a Cyberpunk 2020, lunga 10 episodi.
Se avete una quarantina d’anni o giù di li, ricorderete certamente che in pieno periodo boom anni ’90 per i Giochi di Ruolo (GDR o RPG che dir si voglia), fu pubblicato in Italia ad opera della Stratelibri il manuale con le regole di Cyberpunk 2020, edito originariamente dalla Talsorian games.
Come suggerisce il nome stesso, l’ambientazione di questo GDR attinge a piene mani dalla cultura cyber e dalle opere letterarie di Gibson & Sterling, cultura nata a metà degli anni ’80 come ramo “underground” del filone Fantascienza.
Tra lanci di dadi, montagne di tabelle e matite spuntate, ci siamo spesso ritrovati nei freddi pomeriggi invernali ad interpretare il ruolo di netrunners, hackers, samurai di strada, agenti della corporazione e via discorrendo, nel tentativo di contrastare i diabolici piani del nostro Master, deciso ad eliminarci a tutti i costi. Quello che affascina di questo GDR ancora oggi, è sicuramente quell’ambientazione così futuristica ma anche così underground. Abbandonate le scintillanti astronavi, gli alieni verdi o le argentate tute spaziali della fantascienza, ora ci ritroviamo a vagabondare nei ghetti di metropoli luride e degradate.
« Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto. »
Questa è stata la sensazione che ho avuto guardando Altered Carbon, serie televisiva rilasciata nel Febbraio 2018 sulla piattaforma Netflix.
Ambientato in una fantomatica Bay City, che da il nome al romanzo di Richard Morgan di cui la serie ne è la trasposizione, siamo nell’anno 2384 e grazie ad una innovativa tecnologia, ad ogni essere umano viene impiantato alla base della corteccia cerebrale un supporto digitale (la “pila“) che permette il salvataggio della coscienza, dei ricordi di una persona. I dati registrati possono poi essere trasferiti in un nuovo corpo, che viene freddamente chiamato “custodia”, ovviando così al problema della morte. Tutto questo ovviamente, se avete il denaro sufficiente per comprare la custodia ideale per voi…
Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman / Will Yun Lee), un membro delle Truppe di Spedizione (Spedi), una specie di gruppo ribelle composto da soldati super addestrati, dopo 250 anni di prigionia “sotto ghiaccio” (la sua pila è stata catturata e la sua coscienza messa in ibernazione), si risveglia in una nuova custodia-corpo, riportato in vita dal miliardario Laurens Bancroft (James Purefoy), che lo vuole ingaggiare per fare luce su un caso di omicidio: quello di Bancroft stesso.
E qui mi fermo per non incappare nella trappola dello spoiler. A voi scoprire come andrà a finire.
Tratta dal primo romanzo di una trilogia ( Bay City – Altered Carbon, Angeli Spezzati – Broken Angels, Il ritorno delle furie – Woken Furies), la serie contiene a mio avviso tutti quegli elementi tipici del cyberpunk. Ci sono supersoldati geneticamente modificati, ci sono gli impianti cibernetici e le armi futuristiche. Lo spazio virtuale, il costrutto, ricorda molto il Matrix delle sorelle Wachowski. Non mancano Intelligenze Artificiali, la Yakuza, i ninja ed i combattimenti con la katana.
Graficamente Altered Carbon è uno spettacolo.
Prende a piene mani da film classici come Blade Runner ed il suo recente seguito Blade Runner 2049, presentandoci una Bay City sporca, oscura, buia ed illuminata da fatiscenti insegne al neon. L’hotel Raven, l’albergo gestito da una IA che ha le sembianze di Edgar Allan Poe, nel quale vive Kovacs, si trova in un quartiere che potrebbe benissimo essere considerato parte dello Sprawl, mentre la ipertecnologica torre dove vive Bancroft, così alta da superare le nuvole e vedere il la luce del sole, sembra una fortezza inespugnabile. E non mancano neanche piattaforme-bordello sospese in cielo, raggiungibili solo per chi ha abbastanza denaro e le perversioni giuste.
Di idee per creare l’ambientazione giusta in Altered Carbon ce ne sono a palate.
C’è una legge che garantisce una nuova “custodia” gratuitamente se si è vittima di morte accidentale. Ma come vi sentireste se foste una bambina di 10 anni resuscitata nel corpo di una vecchia perché quel corpo era l’unico disponibile? Magari potreste, come tradizione di famiglia, far rivivere per una notte in un corpo estraneo la coscienza di vostra nonna per celebrare insieme il giorno dei morti messicano. O magari potreste essere catturati da qualche associazione criminale che vi intrappolerà in un costrutto virtuale dove, vi torturerà fino alla morte, per poi riportarvi in vita e costringervi a rispondere al loro interrogatorio.
E questi sono solo alcuni degli spunti narrativi della serie.
Purtroppo questo è ciò che rimangono: degli accenni. Tutti questi elementi nella serie non vengono approfonditi abbastanza da trascinarvi emotivamente nel mondo di Altered Carbon.
I personaggi vengono introdotti ma senza andare oltre quello che appare su schermo. Ogni tanto abbiamo dei flashback che dovrebbero servire a costruire il background ma invece non fanno altro che sollevare altri dubbi. Tutto è come assistere ad uno spettacolo “in vetrina”. E questa, forse, è la più grande pecca di questa serie. Ti accenna a quegli elementi che fanno parte della cultura cyberpunk senza approfondirli e li lascia poi li morire per passare al prossimo argomento.
A partire poi dal protagonista, tutti, e dico tutti, i personaggi hanno la tendenza ad una recitazione distaccata. Non so se questo atteggiamento è stato voluto, ma sembra che a nessuno gliene freghi niente di quello che sta dicendo. Si avverte una specie di nichilismo forzato, non spontaneo. E questo vi causa un distaccamento ancora maggiore con la serie.
Un vero peccato perché, nonostante si lasci guardare, Altered Carbon è stata una occasione sprecata per Netflix di realizzare una serie cyberpunk in grado di catturare i nostalgici di Gibson e Sterling ma anche le nuove leve. Insomma, non bastano un paio di neon ed una città buia e piovosa per sfidare Blade Runner.
Magari dategli una possibilità, sicuramente stuzzicherà il vostro appetito e la vostra curiosià, ma non aspettatevi di esserne sazi alla fine.