Un anno dopo La legge del mercato, Stéphane Brizé porta al cinema l’adattamento della prima opera di Guy de Maupassant, Una vita une vie realizzando un dramma sentimentale dichiaratamente votato all’essenzialità.
Presentato alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia , un anno dopo La legge del mercato, Stéphane Brizé sceglie di ispirarsi all’opera di Guy de Maupassant, Una vita une vie, realizzando un dramma sentimentale che racconta la storia ma soprattutto la travagliata esistenza di Jeanne (Judith Chemla), una giovane che nella Normandia del 1819 abbandona i suoi sogni e soprattutto la sua innocenza per sposare un visconte locale (Swann Arlaud). La mancanza di affetti, puerili atti di tradimento e un’ossessiva brama di danaro sono gli aspetti che di lì in poi condizioneranno la vita di questa povera donna.
Abbandonato il taglio documentaristico de La legge del mercato, la fotografia di Antoine Héberlé dipinge l’epoca e il costume della nobiltà francese in decadenza con un calore e una naturalezza che non possono respingere lo spettatore ma lo attirano nella spirale di incoscienza folle e dolcissima della protagonista. In un continuo susseguirsi di passato e presente, Una vita une vie ricostruisce la fragilità della psicologia della protagonista tramite le emanazioni per immagini dei suoi pensieri e dei suoi ricordi in un diario delicatissimo di sofferenze e debolezze.
Nonostante si ponga lontano dalle tendenze e dalle forme attuali, con un film in costume, in un formato 1:33 quasi claustrofobico e dal tono posatissimo, Brizé si affida ad un ritmo contemplativo, osservando le traversie dei personaggi, avvicinandosi lentamente Jeanne e non potendo sollevare dalle sue sofferenze le si avvicina sempre di più, grazie ai vari flashforward che anticipano allo spettatore la solitudine che arriverà con la mezza età.
Con un costrutto narrativo affascinante, un montaggio inusuale e con l’uso della camera a mano, Brizé, attraverso un sopraffino classicismo, fa apparire la visione del mondo di Una vita une vie come un qualcosa che gli appartiene, una suggestiva similitudine connessa al disincanto, a quel momento di vita che ti costringe ad una condanna, senza appunto trovare una via di fuga.
Commento Finale - 65%
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Una vita (Une vie)
Abbandonato il taglio documentaristico de La legge del mercato, la fotografia di Antoine Héberlé dipinge l'epoca e il costume della nobiltà francese in decadenza con un calore e una naturalezza che non possono respingere lo spettatore ma lo attirano nella spirale di incoscienza folle e dolcissima della protagonista. In un continuo susseguirsi di passato e presente, Una vita une vie ricostruisce la fragilità della psicologia della protagonista tramite le emanazioni per immagini dei suoi pensieri e dei suoi ricordi in un diario delicatissimo di sofferenze e debolezze. Con un costrutto narrativo affascinante, un montaggio inusuale e con l’uso della camera a mano, Brizé, attraverso un sopraffino classicismo, fa apparire la visione del mondo di Una vita une vie come un qualcosa che gli appartiene, una suggestiva similitudine connessa al disincanto, a quel momento di vita che ti costringe ad una condanna, senza appunto trovare una via di fuga.