In un anonimo bar, The Place, si incrociano le vite di nove sconosciuti alla ricerca del soddisfacimento dei loro desideri. Tutto si può ottenere, ma niente è gratis. Dopo il successo di Perfetti sconosciuti, Paolo Genovese torna al cinema con un’opera corale in cui la parola ed i dettagli sono centrali.
Cosa sareste disposti a fare per realizzare i vostri più intimi desideri? Fino a che punto pieghereste la vostra morale per ottenere quello che volete? The Place, l’ultima opera di Paolo Genovese, ruota intorno a questi dilemmi etici, adattando per il grande schermo l’enigmatica serie The Booth at the End, attraverso una rivisitazione che elimina ruoli troppi distanti dalla nostra cultura e ne aggiunge altri. Un luogo nevralgico dove staziona l’onnipresente figura di [amazon_textlink asin=’B001IKVQ72′ text=’Valerio Mastandrea’ template=’ProductLink’ store=’darumaviewit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’7f04bd86-c852-11e7-8e62-f33d9b310b4e’], una sorta di divinità oscura che non si alza mai dalla sedia sulla quale resta dalla prima all’ultima sequenza, che pone drastiche soluzioni a problemi insormontabili.
Cosa funziona in The Place
Un’unica location che si trasforma in un teatro, dove vanno in scena le debolezze, le paure e i sogni dei personaggi che si svelano davanti all’uomo misterioso, un luogo in cui i vari personaggi dovranno affrontare i loro desideri più nascosti e confrontarsi con la parte più oscura della loro anima. Genovese, eliminando i movimenti di macchina per conferire più enfasi ai racconti dei suoi personaggi e quindi concentrarsi sulle loro emozioni, mostrate senza riserva e con una moltitudine di primi piani, descrive un piccolo mondo, un luogo chiuso che mette tutti i personaggi di fronte a se stessi e alle loro paure, un mondo in cui essenziale è la parola perché unico modo che abbiamo di “vedere” le azioni compiute dai protagonisti. Un mondo in cui importantissimo è lo spettatore che attraverso la sua interpretazione da vita alle azioni dei personaggi che assumo un senso ed un contesto grazie ai dettagli forniti.
Perché non guardare The Place
Se The Place convince per quanto riguarda regia, recitazione e sceneggiatura non riesce a conquistare del tutto. Purtroppo la pellicola ha una struttura che non si sposa a pieno con il grande schermo: i dialoghi tête-à-tête presi uno dopo l’altro, nonostante siano perfettamente incastrati dallo script di Genovese e Isabella Aguilar, subiscono sempre dei continui stop che finiscono per appesantire uno sviluppo che con il passare dei minuti si fa lento, tedioso e ripetitivo.
Scendendo nelle caverne dell’animo, spingendo allo stremo i suoi protagonisti, fino ad obbligarli a chiedersi sempre, costantemente, se vogliono mollare, qual è il limite massimo a cui arriverebbero pur di soddisfare le loro necessità, The Place è un film coraggioso e originale per il panorama cinematografico italiano.