Strane Straniere è il nuovo documentario diretto da Elisa Amoruso pronto a fare il debutto nelle sale proprio in occasione dell’8 Marzo, rappresentando una sorta di celebrazione della Donna in tutte le sue personali, sofisticate ed imperfette declinazioni e reincarnazioni, distanti e distinte tra loro.
In Strane Straniere, la regista Elisa Amoruso ha seguito le vite di cinque donne diverse tra loro per origini etniche, folklore, tradizioni, percorsi e stili di vita accomunate da un fil rouge specifico: ovvero la scelta, comune, di abbandonare il proprio paese di origine per cercare altrove il proprio Destino e la Fortuna. Scopriamo così il mondo di Radoslava, pescatrice che- dopo essere sfuggita ad un matrimonio soffocante – ha aperto una cooperativa che si occupa di utilizzare il pesce invenduto trasformandolo in conserve e che trova il proprio punto di forza nell’organizzazione completamente al femminile; ci sono poi le galleriste d’arte Ana e Ljuba, una croata e l’altra serba, amiche da vent’anni e indivisibili, nonostante gli eventi della vita le abbiano portate a vivere lontano l’una dall’altra; scopriamo poi il mondo di Sihem, tunisina, che in Italia ha trovato l’amore e l’impegno sociale, attraverso la propria associazione culturale che si occupa delle famiglie indigenti e la casa famiglia che ha aperto per gli anziani. C’è infine Fenxia, meglio conosciuta come Sonia, la proprietaria del più famoso ristorante cinese della capitale, alle prese con le contraddizioni dell’essere imprenditrice e moglie allo stesso tempo.
Le cinque donne raccontate dalla Amoruso non sono solo delle “Strane Straniere” pronte a scardinare qualunque tipo di stereotipo legato alla figura dell’immigrato; ma sono anche un simbolo del potere intrinseco della globalizzazione, della forza insita nel Femminile capace di abbattere barriere e muri unendo tutte le donne sotto un’unica bandiera. I ritratti sono delineati con delicatezza e tatto, evitando qualunque tipo di incursione da parte della regista riducendo al minimo la propria presenza, ridotta soltanto all’occhio indiscreto della macchina da presa. Non c’è una voce fuori campo a commentare dall’esterno le imprese di Sonia, Sihem, Ana, Ljuba e Radoslava: sono le cinque protagoniste stesse a raccontare il loro difficile percorso di integrazione, gli ostacoli incontrati lungo il proprio cammino, l’incolmabile gap culturale avvertito i primi tempi, appena giunte in Italia affiancando tutto questo alle immagini delle loro nuove vite, nelle quali ognuna è riuscita ad inseguire i propri sogni realizzandoli.
L’unica debolezza di Strane Straniere si annida, in realtà, proprio nel suo peculiare punto di forza: l’assenza di una voce narrante che possa costituire un potente collante tra immagini, storie e situazioni abbassa il tono del video – racconto rendendolo piuttosto simile ad un video – diario, più che a un classico documentario. A parte questa scelta stilistica intrapresa dalla Amoruso, il documentario è un interessante e personale inno alle Donne scritto, “interpretato” e realizzato da Donne che, senza reticenze, si sono messe in gioco evitando di sottrarsi allo sguardo indiscreto dell’occhio – cinema meccanico, che come un transfert si identifica con lo spettatore.
Commento Finale - 60%
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Strane Straniere
Le Strane Straniere raccontate dalla Amoruso scardinano qualunque tipo di stereotipo legato alla figura dell’immigrato; ma sono anche un simbolo del potere intrinseco della globalizzazione, della forza insita nel Femminile capace di abbattere barriere e muri unendo tutte le donne sotto un’unica bandiera. I cinque ritratti sono delineati con delicatezza e tatto, evitando qualunque tipo di incursione da parte della regista riducendo al minimo la propria presenza, ridotta soltanto all’occhio indiscreto della macchina da presa, creando così un interessante e personale inno alle Donne scritto, “interpretato” e realizzato da Donne che, senza reticenze, si sono messe in gioco evitando di sottrarsi allo sguardo indiscreto dell’occhio – cinema meccanico, che come un transfert si identifica con lo spettatore.