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Split – Abbiamo incontrato M.Night Shyamalan, James McAvoy e Anya Taylor-Joy a Milano

Lo scorso mercoledì 11 Gennaio abbiamo avuto il piacere di incontrare, presso l’hotel Principe di Savoia in Piazza della Repubblica a Milano, il regista M.Night Shyamalan per la presentazione alla stampa di “Split“, il suo nuovo thriller in sala dal 26 Gennaio 2016 con Universal Pictures. In compagnia del regista e sceneggiatore di origine indiana, i due protagonisti James McAvoy e Anya Taylor-Joy. L’incontro è stato moderato dal critico cinematografico Gianni Canova.

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Per James McAvoy: Come è intervenuto nella caratterizzazione di ogni singola personalità portata sul grande schermo?

McAvoy: Ho svolto un lungo lavoro sulle personalità protagoniste, soprattutto a livello di postura ma anche a livello di abbigliamento, considerato  che ci sono personalità di sesso ed età completamente differenti. Tutto questo processo è avvenuto grazie anche alla collaborazione con Night, il cui intervento è stato essenziale.

Per M.Night Shyamalan: Qual è secondo lei il suo film più sottovalutato?

Shyamalan: Credo che sia  “Lady in the Water“, soprattutto per quanto riguarda la reazione del pubblico, che si è sentito particolarmente spiazzato: sia per il senso dell’umorismo peculiare che per la scelta di trattare un particolare genere, cosa che personalmente preferisco. Chi ha apprezzato il film lo considera  un atto profondamente religioso ed è così anche per quanto mi riguarda. Credo sia il mio lavoro più personale.

Per Anya Taylor-Joy: Come ci si sente ad esordire così giovane, quando si è già in due grandi film come “The Witch” e questo “Split”?

Anya: Prima di tutto, la ringrazio infinitamente, perché è sempre una soddisfazione quando un film in cui hai preso parte viene ricordato piacevolmente. In questo momento della mia vita, sono estremamente contenta di questi primi passi nel mondo del cinema e speranzosa per il futuro della mia carriera, anche se ho ancora paura di compiere la scelta lavorativa sbagliata.

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Per McAvoy e Shyamalan: Come cambia lo stile lavorativo tra produzioni ad alto e basso budget?

McAvoy: Per quanto mi riguarda non c’è differenza tra queste due tipologie di film. Il mio metodo lavorativo rimane indifferente, sia su set di un film come “Split” che durante le riprese della saga di “X-Men“. La possibilità di vivere belle o pessime esperienze è la stessa.

Shyamalan: La mia prospettiva e la mia visione delle cose sono leggermente mutate da quando, con lo scorso film “The Visit”, ho iniziato a collaborare con la BlumHouse con un budget notevolmente più esigui rispetto alle altre mie pellicole. Questa caratteristica mi ha permesso di dare origine ad un film che rendesse maggiormente non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche e soprattutto da quello economico. Inoltre io e Jason Blum ci siamo trovati molto bene ed abbiamo deciso di produrre insieme anche questo Split.

The Visit di M. Night Shyamalan - 05

Per Shyamalan: Con quale modalità si approccia al processo di decostruzione della struttura filmica e all’inserimento dei suoi tipici colpi di scena?

Shyamalan: Mi diverte molto giocare con l’attenzione dello spettatore; più che inserire plot-twist, il mio metodo narrativo consiste in un continuo “dico/non dico”, ovvero nascondendo al pubblico un particolare della trama più o meno rilevante. Nel caso di questo film, ho amato il fatto di non rivelare immediatamente ogni aspetto della storia del personaggio di Casey.

Per McAvoy: Hai visto altri film con la tematica del disturbo dissociativo della personalità in preparazione a questo ruolo?

McAvoy: No, francamente non conosco l’esistenza di altre pellicole che trattino tale malattia poiché non ho molto tempo per guardare film. Ho un’educazione cinematografica molto scadente. Il lavoro ho realizzato sul personaggio è stato ottenuto esclusivamente basandomi sul copione.

Per Shyamalan: Considerando (SPOILER) l’inserimento della sorpresa finale nel film, ha mai pensato, anche ironicamente, alla creazione di uno Shyamalan Cinematic Universe, un po come sta facendo la Marvel in questi anni?

Shyamalan: La possibilità di fare uno o più sequel dei miei film è sempre stata concreta, poiché possiedo i diritti di tutti i miei lavori, ma sono ancora un po titubante a riguardo, anche se questo film, fa parte di una ideale trilogia di cui produrrò in futuro l’ultimo capitolo, non posso dire altro.

Per McAvoy: Ci sono delle scene con altre personalità, oltre alle 6/7 su 24 che vediamo all’interno del film, che sono state tagliate durante il montaggio finale?

McAvoy: No perché non erano previste dalla sceneggiatura. Per questo motivo mi sono dedicato completamente alla caratterizzazione delle personalità principali, che sono quelle apparse sul grande schermo nel montaggio finale.

Per Anya: Qual è la differenza nell’approccio con gli attori tra un regista esordiente come quello di The Witch, Robert Eggers, ed un regista con molti film all’attivo come Shyamalan?

Shyamalan: Questa risposta la voglio proprio sentire!

Anya: Entrambi i registi mi hanno dato dritte e soprattutto, mi hanno dato numerosi consigli su come esteriorizzare una particolare caratteristica del personaggio che ero chiamata ad interpretare. “The Witch” è stata per entrambi la prima esperienza in ambito cinematografico, ma Robert Eggers ha saputo guidarmi ed aiutarmi nel momento del bisogno. Con la stessa maestria e padronanza del mestiere che M.Night Shyamalan possiede.

Per McAvoy: Come ha influito il lavoro del costumista sulla sua performance?

McAvoy: Paco Delgado, costumista anche di “The Danish girl”, ha fatto un lavoro formidabile e mi ha permesso ancor di più di sperimentare nella recitazione, sempre in continuo colloquio con Shyamalan, soprattutto per le personalità di Edwin e Patricia. Specialmente interpretando quest’ultima, oltre a rappresentare il dissidio di una donna intrappolata nel corpo di un uomo, mi sono divertito a “femminizzare” la mia persona, giocando con il pubblico.

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Per Shyamalan: Da dove nasce l’idea di un film su tale tematica e come si è posto nei confronti dell’abuso infantile presente nel film?

Shyamalan: I miei film sono spesso influenzati dal rapporto con mia moglie, che conosco dai tempi dell’università. Infatti, essendo lei una psicologa, mi ha indubbiamente ispirato anche per questo lavoro, o almeno quando ne scrissi la sceneggiatura, circa 16 anni fa, visto che ha avuto una lunga gestazione. Credo ci fosse bisogno di un film che trattasse tale tematica e lo facesse nel modo più scientificamente accurato possibile. Per quanto riguarda l’abuso infantile, ho voluto mostrare al pubblico quanto tale trauma sia radicato nella vittima e quanto esso agisca sulle sue peggiori paure.

Per Shyamalan: Cosa ne pensa del mezzo televisivo e com’è stata la sua esperienza con esso?

Shyamalan: Ormai la televisione ha raggiunto livelli qualitativi paragonabili a quelli della realtà cinematografica, se non talvolta superiori. Ho trovato quindi la mia esperienza con Wayward Pines estremamente piacevole, ma preferisco approcciarmi al medium cinematografico sia per quanto riguarda la realtà lavorativa, sia come spettatore, anche se serie TV di un certo spessore come Mad Men non posso che adorarle.

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