L’orrore antico ed esotico alla base della saga di The Ring è tornato: The Ring 3, titolo italiano che conferma il legame con la (nuova) trilogia inaugurata dal primo capitolo – remake firmato nel 2002 da Gore Verbinski, in realtà è un atipico remake/reboot dell’originale statunitense e della saga originale giapponese creata da Hideo Nakata, un prodotto del mercato audiovisivo a stelle e strisce interessato – soprattutto negli ultimi anni – a rilanciare brand che hanno riscosso successo commerciale nel corso degli anni, provando a rinnovarli in vista di un nuovo lancio sul mercato.
Cambiano i protagonisti della storia e i tempi si aggiornano, ma la dinamica rimane inalterata: in un campus americano, Gabriel (Johnny Galecki), trova un VHS con uno strano ed inquietante video che riconverte subito in formato digitale, diffondendolo anche ad altri. Ad incappare nella visione anche la sua amante Skye (Aimee Teegarden) e Holt (Alex Roe): una strana chiamata li avverte che moriranno dopo sette giorni e la comparsa di strani segni riconfermano l’inquietante destino che li aspetta, a meno che non riescano a trovare delle “code”, ovvero altre persone a cui mostrare una copia del video e ai quali passare la maledizione. Tra questi, volontariamente, finisce anche Julia (Matilda Lutz), fidanzata di Gabriel, che scopre un terrificante video nel video che tutti hanno visto. Decide così di lanciarsi nella nuova indagine sulle tracce di Samara Morgan, l’inquietante bambina che sembra perseguitarli.
Storia vecchia non sempre fa “buon brodo”: il regista F. Javier Gutiérrez recupera furbamente la trama tradizionale che affonda le radici nell’originale a base di video, bambine diaboliche e maledizioni dalle quali è praticamente (quasi) impossibile sfuggire; ma allo stesso tempo cerca di aggiornare la vicenda ai tempi moderni, tra video copiati e incollati, VHS dal sapore vintage e una nuova trama che porta i giovani protagonisti fin nel cuore di un antico orrore, mai approfondito nei precedenti capitoli della saga.
Nonostante sia più vicino, come sensibilità, alla saga originale “Made in Japan”, The Ring 3 – che in originale s’intitola genericamente Rings, riconfermando la propria continuità atipica con la matrice – è un caotico e confuso pastiche: Gutiérrez gioca con i sottogeneri dell’horror stesso cercando disperatamente un’integrità nella fragilissima trama; ma i personaggi protagonisti sono evanescenti fantasmi trasmigrati dall’immaginario del terrore più comune, tra studenti e villain mefistofelici. L’orrore è talmente pigro da trasformarsi in uno sbadiglio dal sapore amarcord, che si dipana tra inquadrature ben riconoscibili e molto lontane dalla buona scrittura della suspense che dovrebbe accompagnare un prodotto del terrore, riconfermando come The Ring 3 non sia nient’altro che una mera operazione di marketing, piacevole come un horror della terza serata in una afosa notte d’Agosto.
Commento Finale - 55%
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The Ring 3
Storia vecchia non sempre fa “buon brodo”, come insegna The Ring 3: il regista F. Javier Gutiérrez recupera furbamente la trama tradizionale che affonda le radici nell'originale a base di video, bambine diaboliche e maledizioni dalle quali è praticamente (quasi) impossibile sfuggire; ma allo stesso tempo cerca di aggiornare la vicenda ai tempi moderni, tra video copiati e incollati, VHS dal sapore vintage e una nuova trama che porta i giovani protagonisti fin nel cuore di un antico orrore, mai approfondito nei precedenti capitoli della saga. Ma l’orrore finale è talmente pigro da trasformarsi in uno sbadiglio dal sapore amarcord, che si dipana tra inquadrature ben riconoscibili e molto lontane dalla buona scrittura della suspense che dovrebbe accompagnare un prodotto del terrore, riconfermando come The Ring 3 non sia nient’altro che una mera operazione di marketing, piacevole come un horror della terza serata in una afosa notte d’Agosto.