Con Personal Shopper, Olivier Assayas, dopo Sils Maria, ritrova e dirige una straordinaria Kristen Stewart, in un film che coniuga insieme il thriller, il dramma psicologico e la tensione verso l’occulto.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2016, e presentato recentemente a Roma nell’ambito di Rendez-vous, Personal Shopper segue le vicende di Maureen, protagonista assoluta della storia e interpretata da una stupefacente Kristen Stewart, una giovane donna americana che vive a Parigi e lavora come personal shopper per una star di nome Kyra. La ragazza ha perso da poco il fratello gemello che, come lei, era un medium capace di comunicare con l’aldilà. La sua vita è immersa nella solitudine, in un mondo scintillante dove conta solo l’apparenza: l’unico contatto con i vivi è mediato da uno smartphone o da un computer.
Dominato da una tensione altissima che cattura lo spettatore mischiando fra loro molti generi diversi, Personal Shopper riesce a coinvolgere lo spettatore, sin dalle prime inquadrature, nella ombre di un mondo dove una parete sottile divide lo scintillio del jet set dai fantasmi del passato. Il misterioso mondo dello spiritismo si presenta, quindi, come un elemento molto forte nel film e si declina in diverse rappresentazioni, come lo scrittore francese Victor Hugo e la pittrice d’avanguardia danese del 1906 Hilma AF Klint. E poi, c’è la realtà con i contatti tra le persone, mediate da cellulari e computer. Un interminabile scambio di sms, alternato dall’inserimento della modalità aeroplano sul telefono, è il cuore di un segmento della pellicola tanto lungo quanto ricco di tensione, che ci incolla allo schermo del cinema e a quello dell’iPhone della protagonista.
Olivier Assayas, ritrovando una Kristen Stewart perfetta che sembra creare una patina di vetro tra lei e il mondo circostante, firma una pellicola ammiccante ma ermetica, che vuole sfuggire a ogni definizione, che pone tante domande ed evita di dare risposte e che usa spunti horror in un contesto che con l’horror non ha nulla a che fare. Un cinema d’accumulo che, seppur nel suo impegno, si perde a volte in troppi simbolismi e metafore che finiscono per appesantire una storia di solitudine urbana contemporanea.
In un universo narrativo che pone al centro della storia la protagonista e la vita e la morte sono solo terreni in cui muoversi, Personal Shopper è un’opera raffinata, non riuscita del tutto, in cui la Stewart diviene l’ombra di tutti i giorni, una delle celebrità più glamour e famose del pianeta si svuota, si fa fantasma tra i fantasmi. In un mondo dominato dagli avatar, il problema, in fondo, è uno solo: chi è Maureen? E’ possibile ritrovare un’identità in un mondo di simulacri?
Commento finale - 68%
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Personal Shopper
Dominato da una tensione altissima che cattura lo spettatore mischiando fra loro molti generi diversi, Personal Shopper riesce a coinvolgere lo spettatore, sin dalle prime inquadrature, nella ombre di un mondo dove una parete sottile divide lo scintillio del jet set dai fantasmi del passato. Olivier Assayas, ritrovando una Kristen Stewart perfetta che sembra creare una patina di vetro tra lei e il mondo circostante, firma una pellicola ammiccante ma ermetica, che vuole sfuggire a ogni definizione, che pone tante domande ed evita di dare risposte e che usa spunti horror in un contesto che con l’horror non ha nulla a che fare.