My name is Adil: la storia del pastorello marocchino che odiava le pecore e sognava l’Italia. Un viaggio alla ricerca di sé stessi e delle proprie radici, in un film indipendente a budget zero nelle sale italiane dal 24 ottobre 2017.
Girato tra la campagna marocchina e Milano, il film racconta la storia vera di Adil (Azzab Hamid), un bambino che vive nella campagna del Marocco con la madre, i fratelli e il nonno capo-famiglia. È un mondo povero, dove fin da piccoli si lavora per ore nei pascoli, gli adulti possono essere rudi e studiare è un privilegio per pochi. Adil sa che restare in Marocco significa avere un destino segnato, quello dei giovani pastori invecchiati precocemente che vede intorno a sé. Stanco delle angherie dello zio e del ristretto orizzonte che si vede davanti, il ragazzino a 13 anni decide di raggiungere il padre, El Mati, emigrato da anni in Italia per lavorare e mantenere la famiglia. Andarsene, però, è anche una frattura, una separazione dolorosa dalla propria storia, dai propri affetti e dalla comunità. Il film accompagna lo spettatore nel percorso del protagonista adolescente alla scoperta di un nuovo mondo: l’Italia non è il paese delle città favolose e della ricchezza facile sognata nell’infanzia, ma offre ad Adil la possibilità di studiare, vivere nuove esperienze e costruire nuovi legami. Il cerchio si chiude quando Adil, ormai adulto, dopo dieci anni di assenza dal Marocco, ritorna nel suo paese, alla riscoperta delle proprie radici: il viaggio lo aiuta a intrecciare i fili della sua storia e della sua identità, perché “solo se conosci da dove vieni, puoi sapere chi sei”.
Cosa funziona in My name is Adil
Tutto il film si basa sulla narrazione in prima persona, diretta e vissuta, sullo stridente contrasto tra sogno e realtà, sulla delusione e sull’accettazione. La struttura di My name is Adil è semplice e lineare e lascia la possibilità allo spettatore di immergersi completamente nella storia e svolgere le sue riflessioni, avvolto dalle immagini di spazi spettacolari (quelle delle pianure, delle foreste, dei laghi con cascate, del Marocco) che fortemente contrastano con la vita quotidiana del piccolo Adil, ma anche con i panorami italiani, fatti di città piene di gente, macchine e rumori. Forte è la riflessione sul non sentirsi a casa in nessun posto: né nel paese d’origine, né nel paese in cui si è emigrati. L’immedesimazione nel protagonista non può non avvenire: la voglia di “cambiare” il proprio destino è qualcosa che appartiene a tutti.
Perché non guardare My name is Adil
Non ci sono motivi reali per non assistere alla proiezione di My name is Adil. Probabilmente come genere cinematografico non è adatto a tutti. Sicuramente merita la sensibilità di un pubblico più “maturo”, ma non è detto che non possa essere un buono spunto di riflessione anche per i più giovani.