È nelle sale italiane Mal di Pietre, il nuovo film della regista francese Nicole Garcia tratto dal romanzo omonimo dell’italiana Milena Agus, la cui storia a base di sentimenti forti, passioni contrastanti e struggente malinconia viene adattata e trasportata dalla Sardegna alla Francia del Sud degli anni ’50.
Gabrielle (Marion Cotillard) è una giovane donna alla spasmodica ricerca della “cosa principale”, ardita perifrasi con la quale individua l’amore. Ma la ricerca è difficile e rischia di sfociare nell’ossessione maniacale, che viene subito scongiurata dai suoi cari attraverso un matrimonio con José (Àlex Brendemühl) uno dei tanti manovali impiegati per il lavoro nei campi. Nonostante l’amore incondizionato di José, però, il comportamento di Gabrielle non sembra migliorare e, anzi, viene aggravato da una calcolosi acuta che i medici le invitano a curare in una struttura nascosta tra le Alpi svizzere. Approdata nella clinica, l’esistenza di Gabrielle verrà definitivamente sconvolta e scossa dall’incontro con un giovane reduce, André Sauvage (Louis Garrel), che risveglierà in lei una forte e indomita passione che sembrava ormai sopita per sempre.
La Garcia confeziona, attraverso una regia elegante e formale, un film dall’impianto e dalla struttura incredibilmente “classici”. Ad essere classica è l’immaginazione della regista, i raccordi di sguardo, la grammatica delle inquadrature, il montaggio didascalico che rispettano tutti, in pieno, le regole della settima arte senza mai provare ad infrangerle. Il risultato finale è un lussuoso adattamento di un romanzo che, nella trasposizione dalla carta al grande schermo, perde completamente le proprie peculiarità lungo la strada, conservando soltanto il tema e la morale del quale è portatore sano. Mal di Pietre si sforza di essere il ritratto di una donna moderna ingabbiata nelle convenzioni di una società arcaica, troppo impegnata nei propri rituali sociali a base di buone maniere e galateo, per notare il temperamento indomito di Gabrielle, spirito libero che è impossibile ingabbiare in uno schema fisso o in una forma determinata e precostituita. A prestare corpo, voce e tormento a quest’ultima è una perfetta Marion Cotillard che, proprio grazie alla sua inafferrabile bellezza tradizionale, rassicurante, genuina e incorruttibile, riesce a superare la prova del tempo incarnando, nel corso dei 120’ del film, il ritratto completo di una donna che copre un arco narrativo di circa 17 anni.
Alla dolcezza schiva e ardente della Cotillard fa da contraltare la granitica presenza di Brendemühl, volto da caratterista segnato dal sole, gelidi occhi chiari capaci di commuovere e, allo stesso tempo, ferire senza pietà grazie ai silenzi trattenuti e al peso di ogni parola non detta. Sullo sfondo di questo “Valzer degli Addii” di coppia rimane la “figurina” del reduce, esile ed effimera quanto la sostanza stessa dei sogni, nei cui panni si cala un sempre più tormentato e ribelle Garrel, sempre impegnato in una lotta contro titaniche forze esterne. Rispetto al romanzo di partenza, Mal di Pietre avverte sicuramente la mancanza di quella vena d’ironia – e d’auto-ironia – con la quale la Agus aveva condito la sua opera, provando a evocare un mondo antico che non è poi così lontano da noi e dagli inaffondabili preconcetti dei quali si nutre la nostra società.
Commento Finale - 60%
60%
Mal di Pietre è il ritratto di una donna controcorrente, nei cui panni si cala una tormentata e commovente Marion Cotillard. Ma non basta una menzione speciale agli interpreti (oltre alla Cotillard, anche Àlex Brendemühl e Louis Garrel) per salvare questo adattamento da un romanzo di Milena Agus: nel passaggio dalla carta allo schermo la regista Nicole Garcia perde l'ironia, gli struggenti paesaggi e altre peculiarità del romanzo lasciandone soltanto inalterata l'essenza intrinseca, ovvero il racconto di una folle sognatrice alla ricerca del vero Amore, contro ogni pregiudizio.