Scritto a quattro mani dai registi Jonathan Dayton e Valerie Faris, La Battaglia dei Sessi è la trasposizione cinematografica di un famoso episodio avvenuto nel 1973, riguardante lo sport del tennis. Emma Stone è Billie Jean King una giovane tennista che nel 1973 sfidò l’ex campione di Wimbledon Bobby Riggs.
La Battaglia dei Sessi a cui si fa riferimento è una delle partite più incredibili del tennis mondiale: quella combattuta e giocata sul campo dalla tennista femminista Billie Jean King e il porco maschilista (così amava farsi chiamare) Bobby Riggs nel 1973. La King viveva il suo momento di gloria, Riggs, invece, a più di 50 anni cercava un modo per tornare sotto i riflettori, convinto com’era che l’attenzione dedicata al tennis femminile e alle richieste da parte delle giocatrici di vedere i loro premi in denaro raggiungere i livelli di quelli maschili, fosse semplicemente eccessiva. Da questi presupposti nacque l’idea di una sfida fra la più grande giocatrice del tempo, Billie Jean, e l’ex tennista “maschilista” Riggs. Il film racconta proprio questo episodio, allargando però la cornice in cui avvennero questi avvenimenti e raccontando allo stesso tempo i cambiamenti nella vita della King.
Cosa funziona in La Battaglia dei Sessi
I registi Jonathan Dayton e Valerie Faris vanno al di là del semplice biopic. La loro è una sovrapposizione di più livelli, sostrati tematici e di genere che rendono difficile la semplificazione archivistica del film entro i confini di un’unica categoria cinematografica. Perché La Battaglia dei Sessi, nel suo raccontare la storica sfida tennistica tra Billie Jean King e Bobby Riggs è certamente un biopic sportivo, ma anche film politico, d’amore, drammatico e comico: una commistione di generi che i registi riescono a organizzare e maneggiare con maestria ed eleganza, riuscendo nel non facile compito di equilibrare tali tematiche, senza che una non prevalga sulle altre. Ne risulta un brillante racconto biografico curato nei minimi dettagli, capace di conquistare il pubblico in sala e di farlo ritornare indietro nel tempo grazie alla perizia ed all’accuratezza con cui si sviluppa lo script, fotogramma per fotogramma.
In questo senso, la partita di tennis diviene il pretesto per raccontare e far conoscere al meglio la personalità e l’avanguardia di una donna che è stata pedina fondamentale nella lotta in favore dell’uguaglianza di genere: una delle più importanti e controverse, ancora oggi argomento delicato e costantemente in discussione. Non sorprende quindi che la King impersonata da un’equilibrata Emma Stone a essere sempre in punto di battuta nel film e che a Steve Carell tocchi il compito più semplice di stemperare e non appesantire i toni. Altra nota positiva è senza alcun dubbio l’ ambientazione tipica dell’America degli anni ’70, fotografata e ricreata perfettamente grazie ad una densa saturazione dal grandissimo talento dello svedese Linus Sandgren.
Perché non guardare La Battaglia dei Sessi
La pellicola sembra muoversi su due ritmi diversi, quello rapido e arguto di Bobby Riggs e delle sue bravate e quello più lento e intimo della King: non sempre questo contrasto funziona e talvolta queste due linee narrative sembrano davvero essere due rette che non si incontrano mai. Potrebbero, inoltre, risultare note stonate alcune scene eccessivamente focalizzate e romanzate sul rapporto omosessuale della protagonista.
Appagante sotto ogni punto di vista e capace di generare nello spettatore diversi spunti di riflessione, La Battaglia dei Sessi riesce con delicatezza e raffinatezza a trattare temi delicati, come la scoperta della propria omosessualità, o la diseguaglianza tra uomini e donne. Temi universali, che ancora, a distanza di quarant’anni, rimangono attuali e difficili da abbattere. La pellicola è una lotta ideologica trasposta sul grande schermo che riesce a mantenere la fedeltà grazie ad uno script che si sviluppa sequenza per sequenza, catapultando lo spettatore negli anni ’70.