“Hybrid Theory” è la prima mostra italiana dell’artista Newyorkese Marco Gallotta. Le opere saranno esposte fino al 26 ottobre a Palazzo Fruscione (Vicolo Adelberga, 19, Salerno). Dopo aver espresso il suo talento nelle collaborazioni con importanti brand come Vogue, Apple, Chanel e Nike, l’artista torna in Italia, suo Paese di origine, per esporre le opere che hanno segnato la sua carriera. Sarà possibile ammirare i ritratti di star internazionali come David Bowie, Freddie Mercury e Leonardo Di Caprio, per citarne alcuni. La sua arte è riconosciuta al livello internazionale come un connubio perfetto tra le arti figurative e il cinema. Fra le sue opere più celebri, il particolarissimo ritratto a Will Smith (apprezzato dall’attore americano). In questo quadro Gallotta ha espresso con la sua singolare tecnica stilistica tutte le sfaccettature interpretative della star del cinema mondiale. <<Perché il cinema – sostiene l’artista – è fra le mie più grandi ispirazioni. Una sorta di “uno nessuno e centomila” pirandelliano – continua – che meglio riescono ad esprimere le mille sfaccettature dell’animo di ognuno di noi>>.
Ed è proprio in questo contesto artistico che saranno proiettate alcune delle pellicole che hanno ispirato i suoi lavori come “L’uomo che cadde sulla Terra” (1976) di Nicolas Roeg con David Bowie e “Tommy” (1975) di Ken Russell con Ann-Margret, Oliver Reed, Eric Clapton, Roger Daltrey e Tina Turner.
Gli strumenti che predilige sono quelli propri del disegno e della pittura, ma è col paper-cutting che Marco Gallotta imprime alla sua cifra stilistica un sigillo, un marchio di fabbrica distintivo, riconoscibile, che si evolve e si arricchisce nel tempo.
Fra le sue opere più conosciute in America, la serie Balance (2014) che con delicatezza racconta il tema della “genders equality”. <<In questa serie – racconta Gallotta – ho voluto rappresentare l’amore fra due persone dello stesso sesso che si fondono in una sola. L’amore dell’anima che va oltre il senso del genere>>. Mentre Voices in the silence (2013) è un paper-cut con inchiostri e cera che affronta la triste vicenda del mercato della prostituzione delle bambine asiatiche, avendo come riferimento reale l’attività di Somaly Mam e della sua fondazione statunitense.
<<Sono nato in Italia – conclude Gallotta – e vorrei tornare qui per completare la mia esperienza artistica ispirata al Cinema, una propensione che nasce soprattutto dall’amore per le pellicole italiane che ancora oggi continuano a contaminare i miei lavori>>.
BIOGRAFIA MARCO GALLOTTA. Gallotta nasce a Battipaglia nel 1973. Si trasferisce prima in Trentino, poi a Londra, e dopo varie tappe europee, nell’estate del 1998, approda a New York. Qui rafforza la sua idea di arte, soprattutto nel dialogo continuo e creativo con i tanti movimenti della cultura newyorkese. Frequenta il Fashion Institute of Technology (FIT) dove si laurea in “General Illustration” e successivamente si specializza in “Fashion Illustration”. Il suo percorso artistico si muove tra l’attività di pittore e d’illustratore. Oltre a varie esposizioni delle sue opere in Italia e negli Stati Uniti, come quelle nella galleria One Art Space di New York, Snap Orlando e Yeelen Gallery di Miami, ha avuto collaborazioni importanti con la Nike, Le Nazioni Unite, “Radio City Music Hall”, il “New York Stock Exchange”, il compositore italiano Ennio Morricone, la rivista “Vogue”, l’attore Will Smith e la celebre casa di moda Chanel.
CONCEPT. Hybrid Theory è la prima mostra personale salernitana di Marco Gallotta (Battipaglia, 1973), artista campano che vive e lavora a New York da circa vent’anni. Dopo varie peregrinazioni giovanili tra il Nord Italia e il Nord Europa in cui ha assorbito influenze e combinato esperienze, all’inizio degli anni Duemila Gallotta si stabilisce negli Stati Uniti, prima a Boston e poi definitivamente a New York, dove approfondisce e consolida i suoi studi artistici al Fashion Institute of Technology, aprendosi in particolare al mondo della moda e della pubblicità. Gli strumenti che predilige sono quelli propri del disegno e della pittura, ma è col paper-cutting che Marco Gallotta imprime alla sua cifra stilistica un sigillo, un marchio di fabbrica distintivo, riconoscibile, che si evolve e si arricchisce nel tempo. Il taglio di Gallotta, rigorosamente con bisturi, si trasforma in una azione di ricerca di strati di soggetto che procede per sottrazioni. Il concetto di ibridazione, di derivazione scientifica, è qui traslato in termini artistici mediante sovrapposizioni e stratificazioni di linguaggi, segni e materia, un processo che rivela l’incontro e la coesistenza di attitudini e suggestioni: la figura umana, trattata secondo i dettami estesi del ritratto, accoglie geometrie mutuate direttamente dalla natura, con elementi di pura astrazione che si innestano su figure ed immagini, mentre una matrice concettuale convive con una dimensione estetica fortemente legata a un’abilità tecnica, all’incrocio tra arte e artigianato. Hybrid Theory è una mostra antologica che riunisce più di cinquanta opere, le esperienze più significative del percorso artistico di Marco Gallotta, dai primi esperimenti con linoleum (linocuts, 2008) ai “paper cuts on photograph”, passando per la serie dei ritratti di personaggi famosi (David Bowie, 2015; Lady Gaga, 2016; Leo, 2016; Mercury, 2016; Obama, 2016; Spike Lee, 2016; Frida, 2017), i “Fashion Ink” usati da Vogue come arredo di un importante photoshoot del 2016 e la ormai celebre serie di bottiglie realizzata per Chanel. Le caratteristiche formali del lavoro di Gallotta, coniugate sempre con una volontà di approfondimento tecnico e verifica del campo visivo, appaiono predominanti, ma alcune delle opere esposte mostrano anche dei legami forti con temi ed esperienze sociali di forte impatto: ad esempio il dittico sciolto dedicato alla coppia gay Craig e David (Craig, 2016; David, 2017), i colori, le parole e le forme ibride di So hard to say I love you del 2013 e la serie Balance (2014) si rivolgono con delicatezza al tema della “genders equality”, mentre Voices in the silence (2013) è un paper-cut con inchiostri e cera che affronta la triste vicenda del mercato della prostituzione delle bambine asiatiche, avendo come riferimento reale l’attività di Somaly Mam e della sua fondazione statunitense. L’esposizione si dispiega su due piani di Palazzo Fruscione, il secondo e il terzo, e propone una teoria per immagini sull’ibridazione di linguaggi (intaglio, disegno, pittura, fotografia, collage) provando a collegarsi al discorso contemporaneo sulle contaminazioni culturali. Hybrid Theory si inserisce come tassello ultimo in un mosaico internazionalmente riconosciuto, composto da un artista che, di ritorno da importanti esperienze lavorative con Vogue, Apple, Chanel, Nike e altri grandi brand, sceglie la città di Salerno per esporre i risultati del suo lavoro nel momento centrale della sua carriera. (Gianpaolo Cacciottolo)
[amazon_link asins=’1522710620′ template=’ProductCarousel’ store=’darumaviewit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’6aaa70c6-af3d-11e7-8961-831c40e5a7c5′]