Falchi, il nuovo film diretto da Toni D’Angelo, debutta nelle sale il 2 Marzo distribuito da Koch Media con la collaborazione di Raicinema: il risultato del lavoro di D’Angelo è un particolare film di genere sospeso tra i territori silenziosi e cupi del gangster movie, del poliziottesco e del noir hongkonghese.
In una Napoli scura e babelica, nei caotici bassifondi dove si nascondono i boss latitanti e nel sottobosco proliferante del malaffare, si muovono a loro agio – come pesci in un acquario – i due poliziotti della sezione “Falchi” (un particolare ramo della polizia) Peppe e Francesco (Fortunato Cerlino e Michele Riondino), amici e colleghi distanti come due rette parallele: percorsi simili, vite che si sfiorano senza mai incontrarsi veramente. Entrambi sono “vittime” degli atteggiamenti poco ortodossi che la loro professione li spinge ad assumere; il primo è reduce da un incidente durante un’operazione di polizia che ha mandato in frantumi la sua immagine pubblica e la sfera privata; l’altro passa il proprio tempo libero addestrando cani da combattimento. Ma le rispettive esistenze apparentemente senza speranza verranno sconvolte da un suicidio e dalla comparsa di due elementi femminili che li spingeranno a prendere decisioni drastiche pur di lottare per un cambiamento.
Con Falchi, Toni D’Angelo sceglie la via del film di genere “nudo e crudo”, recuperando gli stilemi e l’estetica di una grammatica della quale si appropria con disinvolta naturalezza: il risultato è un teso “scontro” tra due uomini amici/nemici che potrebbe ambientarsi benissimo nella dedalica Hong Kong di John Woo, mentre in realtà lo skyline che si può ammirare è quello della città partenopea. Napoli è una co – protagonista importante della vicenda ma non ruba mai la scena alla coppia di protagonisti, come del resto accade alle altre donne del film: la vicina di Peppe amante dei cani (interpretata da Stefania Sandrelli) e la ragazza cinese che Francesco decide di salvare ad ogni costo dal proprio sfruttatore, pur di espiare colpe commesse nel passato che ancora lo perseguitano. Il respiro universale del film ben si abbina alla fotografia cupa, con rarissime esposizioni concesse alla luce naturale – che filtra sempre livida tra i contorni metropolitani del paesaggio – che riflettono i tormenti interiori di questa coppia di poliziotti. Se tutti i Santi sono nati peccatori – come recita un famoso adagio – lo stesso destino sembra riservato a Peppe e Francesco: vittime della routine alienante del loro lavoro, non sembrano così integri per essere dei tutori della legge; il loro scopo è trovare un appiglio per redimersi, una nuova speranza che possa fornire loro il coraggio per interrompere quella discesa, inesorabile, nel vortice autolesionista che si annida nell’oscurità dei loro cuori di tenebra, consegnandoli alla memoria di un destino incline al martirio.
Purtroppo gli intenti di partenza di D’Angelo restano, però, avviluppati nelle spire dei codici di genere, cristallizzando la complessità psicologica dei protagonisti di Falchi in quello che può sembrare, apparentemente, un esercizio di genere che si limita a seguire delle regole codificate senza mai provare ad infrangerle, evitando di aggiornare e ancorare il lungometraggio alla realtà tutta italiana nella quale si snodano le vicende mostrate.
Falchi
Commento Finale - 65%
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Con Falchi D’Angelo sceglie la via del film di genere “nudo e crudo”, recuperando gli stilemi e l’estetica di una grammatica della quale si appropria con disinvolta naturalezza: il risultato è un teso “scontro” tra due uomini amici/nemici che potrebbe ambientarsi benissimo nella dedalica Hong Kong di John Woo. Il respiro universale del film ben si abbina alla fotografia che riflette i tormenti dei due poliziotti protagonisti, ma che non riesce a salvare da sola ottimi intenti di partenza che rimangono avviluppati nelle spire di codici legati a un esercizio di genere che si limita a seguire delle regole senza mai provare ad infrangerle.