In piena corsa natalizia, esce nelle sale italiane la coproduzione internazionale Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale. Storia dello scrittore inglese e della genesi del leggendario racconto.
Era un po’ che mancava Charles Dickens a Natale. Al cinema, almeno. Gli adattamenti dell’autore inglese vanno sempre per la maggiore in televisione, dove ogni anno rielaborazioni del Canto di Natale si riaffacciano su ogni palinsesto. Da i Muppet a Bill Murray fino a Zemeckis, gli ultimi decenni non hanno visto cedimenti al mito di Ebenezer Scrooge, che anzi è riuscito ad evolversi da personaggio letterario a vera icona postmoderna, immagine adattabile in un infinito numero di variazioni e letture. Il Christmas Carol è il “canto di natale” per definizione. E il titolo Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale è meno trionfalistico di quanto potrebbe apparire.
Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale (The Man Who Invented Christmas, di Bahrat Nalluri, 2017) non è in realtà un adattamento del romanzo breve del 1843, né una biografia dell’autore. Lo si può classificare con un po’ di fantasia come il biopic di un’opera: il racconto dei due mesi precedenti alla pubblicazione del Christmas Carol.
Charles Dickens (Dan Stevens) ha 31 anni e già la fama di ex-promessa della letteratura. Dopo i trionfi giovanili del Circolo Pickwick e Oliver Twist, tre romanzi cupi e di minor successo ne hanno minato reputazione e finanze (“In Barnaby Rudge hai fatto morire il bambino! La gente non vuole leggere di bambini morti!”, gli ripetono tutti). In un impeto di orgoglio, riesce a convincere i suoi editori ad elargire un anticipo: in sei settimane scriverà e pubblicherà un racconto lungo di sicuro successo. Argomento: il Natale, quella folkloristica festività della tradizione cattolica che nell’Inghilterra della rivoluzione industriale suona ormai come un antiquato rito pagano.
Nello stesso periodo, in casa di Charles si è insediato il padre John (Jonathan Pryce), anziano svampito e indebitato. Proprio il rapporto turbolento con il padre darà vita alla storia di Ebenezer Scrooge (Christpher Plummer): materializzatosi nello studio di Charles, il personaggio lo guiderà attraverso la stesura del romanzo, e ad affrontare i conflitti del suo passato.
Cosa Funziona in Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale
Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale regge nella misura in cui si sta al gioco con questa sorta di exploitation natalizia. Vietato aspettarsi conflittualità o drammi complessi: come lo stesso Dickens impara metacinematograficamente dall’insuccesso di Barnaby Rudge, la gente ha bisogno di un messaggio positivo. Al cinema a Natale ci si va per distrarsi e commuoversi con poco.
Di Dickens diverte l’elemento biografico più che quello fantastico. La vita turbolenta di un autore da cui tutti si aspettano troppo, che vede i conti assottigliarsi e i critici avvoltoi in agguato. Il ritmo procede spedito con l’escamotage della scommessa suicida: finire il libro in un mese e mezzo, farlo illustrare da artisti vanitosi, costringere agli straordinari le tipografie. E intanto nello “scrittore del popolo” si riaffacciano i fantasmi di un’infanzia in povertà, gli anni nelle workhouse, il disprezzo per il mondo.
Il Dickens film riconduce con un po’ di psicanalisi a misura di bambino l’evoluzione del personaggio di Scrooge alla visione sprezzante di Dickens personaggio per suo padre, scialacquatore immaturo, incarcerato per debiti anni prima. Lo sviluppo del romanzo segue la maturazione del protagonista, inacidito dal successo e spaventato dall’incubo della povertà, fino alla riappacificazione finale con sé stesso e la famiglia. Nulla di trascendentale, ma nel campionato dei buoni sentimenti natalizi è un progetto che spicca per ambiziosità.
Perché non vedere Dickens -L’Uomo Che Inventò il Natale
Se fa simpatia la storia privata, di Dickens delude la svogliatezza del lato fantastico. Nalluri è poco più che un mestierante televisivo e si vede. Le apparizioni surreali dei personaggi, le fantasmagorie con cui la storia del Canto prende vita e si intreccia con la vita privata di Charles sono povere, noiose. L’elemento più originale finisce per essere quello meno interessante: se al posto del Canto ci fossero, per dire, le Due Città, i cambiamenti sarebbero minimi.
Neanche gli attori brillano. Il Dickens del titolo è Dan Stevens, solitamente bravissimo, qui esagerato in “johnnydeppismi” vari (smorfiette, vocine, movenze buffe da cartone) e con il suo caratteristico ghigno malvagio alla The Guest assai poco adatto al personaggio. Plummer sarebbe un buon Scrooge, ma come detto il suo apporto, come quello di tutte le “apparizioni” fantasiose, è marginale e non particolarmente significativo. Protagonista acquisito della pellicola è il solito gigantesco Pryce, nel ruolo peraltro più tragico e complesso.
Dickens – L’Uomo Che Inventò il Natale dipenderà molto dall’interesse nostrano per la figura di un autore che, per gli anglosassoni, è né più né meno che il Walt Disney del diciannovesimo secolo. Nel complesso, è il più classico prodotto natalizio trasversale, adatto a tutti i target e tutto il pubblico. Posto assicurato nei palinsesti festivi dei prossimi anni.