Con poco budget e senza particolari ambizioni, va in sala The Bye Bye Man, horror diretto da Stacy Title. Cittadina di provincia, ghost story, maledizioni dal passato e pochissimo sangue: un po’ Nightmare un po’ Babadook
Ex “nome da segnalare” degli anni novanta, con The Bye Bye Man torna in sala a dieci anni dall’ultima regia Stacy Title. Ultima uscita, l’antologico Hood of Horror del 2006, il cui flop deve aver giocato un ruolo importante nel quasi-ritiro dell’autrice di Una Cena Quasi Perfetta.
A smuovere le acque ci ha pensato questo piccolo, non memorabile ma comunque guardabile horror prodotto con due lire e lanciato in sala con la certezza che, male che vada, nessuno si farà male. La storia, in tutta la sua classicità: dopo uno spettacolare avvio in flashback, dove un misterioso individuo armato di fucile stermina una serie di persone nella sua cittadina (siamo nel 1969, villette, abiti lunghi e strade luminose), si passa ai giorni nostri, dove tre studenti, i fidanzatini Eliot e Sasha (Douglas Smith e Cressida Bonas) acquistano una pericolante catapecchia insieme al petulante amico John (Lucien Lavinscount). Presto Eliot troverà nel doppio fondo di un vecchio cassetto la scritta “Bye Bye Man“, e da quel momento l’inquietante presenza del suddetto personaggio inizierà a perseguitare i tre giovani spingendoli alla follia.
Guardandolo da un punto di vista produttivo, The Bye Bye Man appare come uno spudorato e piuttosto cialtrone tentativo di aggiornare l’estetica più classica del teen-horror americano di provincia (Nightmare o Halloween, per capirci) con le tendenze moderne lanciate dalla Blumhouse di Jason Blum: film di paura prodotti con due lire, completamente anemici così da evitare il pesante Rated-R e andare in sala senza restrizioni, mostri che praticamente non si vedono se non nelle reazioni dei protagonisti a porte che sbattono, ombre, sussurri e sobbalzoni di musica e sonoro.
C’è anche, forte e difficilmente ignorabile, la voglia di fare un nuovo Babadook, beniamino della critica di un paio di anni fa che sposava le suddette tendenze in chiave metaforica per creare una nuova icona horror, il Babadook appunto, senza di fatto mai mostrarlo né farlo agire in nessuna maniera. Il look e atteggiamento puramente osservativo del Bye Bye Man è figlio della pellicola di Jennifer Kent, con un fantasma dall’aria inquietante che in sostanza si limita a perseguitarti nella tua stessa casa portando a galla nevrosi e follie rimosse (lì era l’infanticidio il tema, qui, solo accennato, la frustrazione e inadeguatezza sessuale dei protagonisti).
Al netto delle intenzioni, come se la cava The Bye Bye Man? Fa una gran fatica, ma non rovinerà la serata di chi lo andrà a vedere. Rispetto ai moderni titoli sopra citati c’è una gran voglia di uscire di casa (e quando mai succedeva in Ouija!), correre, muovere i personaggi da una location e una vicenda all’altra con encomiabile sprezzo del senso del ridicolo. Che comunque viene puntualmente infranto, in almeno un paio di scene molto Scary Movie, o nel tristissimo cameo di Faye Dunaway evidentemente precedente all’epocale fattaccio degli Oscar.
Prevedibilmente anonimi i protagonisti. Smith è il factotum e motore degli eventi, quello che si impegna più degli altri e risulta quantomeno simpatico, a differenze dei catatonici Bonas e Lavinscount. Il fatto che i tre ragazzi siano in teoria coetanei al primo anno di college, mentre in pratica hanno rispettivamente 32, 28 e 25 anni contribuisce alla sensazione si straniamento. Del tutto irrilevante ai fini del plot Carrie-Anne Moss, unica star da cartellone comunque in scena per tre pose.
Ma se l’idea dichiarata era creare un nuovo grande mostro, un potenziale nuovo Babdook o Jigsaw da sette sequel, è da lì che dobbiamo valutare. The Bye Bye Man manca malamente l’obbiettivo: truccare il veterano Doug Jones di bianco e mettergli addosso un accappatoio non è esattamente il massimo dello sforzo creativo, e sapendo indirettamente dalla prima scena che non una goccia di sangue sarà versata e ogni forma di violenza avverrà fuori campo, ogni tipo di suspense è stroncata sul nascere. Aggiungiamo che la risicatezza del budget emerge quando viene tirato in ballo un pessimo cane infernale in digitale, e la sceneggiatura lancia diverse piste senza prendersi la briga di chiuderle (che c’entravano i treni e le monete?).
Nel complesso, dimenticabile ma non dannoso. Gli ottanta minuti passano in fretta e qualche spunto c’è. Ma in pochi stavolta saluteranno un’ennesima nuova promessa dell’horror.
Commento Finale - 50%
50%
Troppo povero e con un mostro da titolo deludente, The Bye Bye Man è un tentativo riuscito a metà di presentare una nuova mitologia horror secondo tutti gli stilemi classici e contemporanei. Guardabile sopratutto per un pubblico giovane.