Antonio Banderas montanaro, Jonathan Rhys Meyers hobo misterioso: succede in Black Butterfly, thriller diretto da Brian Goodman e in sala dal 13 luglio. La recensione.
Di Black Butterfly (Usa, 2017) meno si sa ad inizio visione, meglio è. Non perché il lavoro di Brian Goodman risulti particolarmente spiazzante o sorprendente: l’esatto opposto. Il film è talmente, sfacciatamente prevedibile, che persino conoscerne il genere d’appartenenza (qui purtroppo ci tocca dirvelo: è un thriller psicologico) prepara anche il più disattento degli spettatori ad anticipare svolte, twist e trovate che il racconto non mancherà di mettere in scena. Come un inesorabile strumento metacinematografico per aspiranti sceneggiatori.
La storia di Black Butterfly sarebbe in teoria ereditata da un omonimo film tv francese (Papillon Noir, 2008, protagonista Eric Cantona – per dire), ma va così serenamente ad adagiarsi su cliché universali da rendere sterile la ricerca di altre fonti o ispirazioni.
Lo scrittore spagnolo in crisi, alcolizzato e divorziato Paul Lopez (Antonio Banderas) vive da eremita sulle montagne del Colorado. Si ubriaca, va a caccia, ciondola per la sua cadente magione isolata senza scrivere una riga. Per una serie di circostanze fortuite si ritrova ad accogliere in casa il misterioso vagabondo Jack (Jonathan Rhys Meyers), raccolto per strada. Ma la convivenza si rivela piuttosto estenuante, almeno dal momento in cui Jack deciderà di scuotere Paul dal suo torpore alcolico ed aiutarlo a tornare a scrivere. Con ogni mezzo possibile.
Non serve aggiungere come, al primo minuto di film, una radio in sottofondo ci abbia annunciato che un misterioso serial killer si aggira a piede libero tra gli stessi boschi.
Ogni tentativo di trovare un valore ad un’opera come Black Butterfly va a scontrarsi, come un problema etico, contro la sua manifesta mancanza di ambizione. Ha senso lamentarsi che un film senza budget, senza regista, con una sceneggiatura infantile, attori di nessun richiamo e deciso a ripagarsi con gli spiccioli dell’home video, sia artisticamente brutto?
Black Butterfly non fa nulla per venire incontro allo spettatore benevolo. I problemi sono tutti lì, evidenti dopo cinque minuti. Ritrovarsi Banderas montanaro spagnolo ubriacone e depresso in Colorado è puro assurdo metafisico, ma si passa dallo sconcerto alla vergogna di fronte all’ex sex symbol Rhys Meyers: flaccido, pallido, rachitico e dalla tristissima quanto ostentata acconciatura fighetta (staremmo parlando di un hobo) nei panni minacciosi dell’ambiguo e psicopatico aguzzino. E’ errore tecnico di casting: se il Pericolo non da sensazione di pericolosità (e Banderas sembra in grado di sopraffare fisicamente Meyers con una spintarella, in qualunque istante), la suspense va a morire. E il film con essa.
Il ridicolo sul piano visivo in Black Butterfly va a sposarsi senza ritegno con la stupidità del piano narrativo. Dopo un’ora di pseudo-Misery più o meno sopportabile, il film tenta il tiro da tre punti con un pedestre doppio colpo di scena. Non sveliamo di più, ma in una scala dei twist patetici siamo di pochissimo sotto al classico “era tutto un sogno”.
Prende piede allora la tentazione di quella lettura metacinematografica che avevamo preventivato. Viene da pensare se la sciatteria del tutto non sia che voluta rappresentazione del blocco immaginativo di uno scrittore formalmente incapace, quale è in fondo il protagonista di Black Butterfly. Chiave fin troppo generosa, nulla in grado di salvare il film (c’è l’aggravante del colpo di scena anticipato da 45 minuti, autogol supremo nel thriller psicologico). Ma come sempre con simili prodotti, si tende ad essere indulgenti.
Ci fermiamo qui perché oltre si danza tra le mine degli spoiler. Black Butterfly è brutto, quasi pessimo, con attori sbagliati e condannato da una svogliatezza formale praticamente dichiarata a mani alzate. Ma promette novanta veloci minuti di escapismo becero, e quello consegna. Ha senso lamentarsi?
Commento Finale - 45%
45%
Svogliato, scontato e sbagliato, ma soprattutto prevedibile. Black Butterfly esce con le ossa rotte da qualunque tipo di confronto, senza nascondere la propria pochezza di mezzi e ambizioni.
Mi dispiace ma credo che, soggettività a parte, tu abbia davvero esagerato nelle critiche. Avevi così voglia di troncarlo che non hai neanche rispettato l’embargo.
Ciao Valeria, il nostro Saverio non è mai tenero con le sue analisi ma non per questo si lascia trasportare dalle sensazioni personali in sede di recensione. Non ho ancora visto Black Butterfly, al momento in rete i giudizi non sono molto positivi, magari meno severi ma comunque non esaltanti. Per quanto riguarda l’embargo onestamente non era segnalato sull’invito non ho idea se è stato poi comunicato alla proiezione. Quello che è certo è che le recensioni sono fuori da maggio (manlymovie.net) e giugno (ilcineocchio) tra i tanti. Grazie per il passaggio e buon cinema.
secondo me il punto di forza del film sono gli attori ela sorpresa finale che mi ha spiazzato completamente nella sceneggiatura ci sono alcune lacune ma non e’ neanche giusto dire che il film e’ da buttare via
ognuno ha dei pareri diversi ci mancherebbe sicuramente il regista e i sceneggiatori hanno giocato a spiazzare lo spettatore con un finale che non ti aspetti gli attori sono stati bravissimi ci sono delle incongruenze pero’il parere del film e’ soggettivo