Baby Driver – Il genio della fuga: il geniale Edgar Wright dopo aver concluso ormai 4 anni fa la celebre “Trilogia del cornetto” e successivamente alla disavventura di Ant-Man, torna in sala con un film nel quale il Baby del titolo è un giovane e talentuoso autista al servizio di un gruppo di sgangherati rapinatori, ma con un fastidioso problema uditivo che lo costringe a indossare un paio di cuffiette perennemente accese. Il suo tentativo di ricominciare una vita all’insegna della legalità si rivelerà tuttavia arduo e complicato.
Baby Driver – Il genio della fuga costituiva una prova decisamente complessa per Edgar Wright: uscito dall’infelice situazione che lo ha portato ad abbandonare il progetto Ant-Man (per la solita condizione di controllo totale che la Marvel, essendo un’industria di non poca rilevanza, deve imporre ai suoi collaboratori esterni), era necessario che “resuscitasse dalle sue ceneri” e dimostrasse alla Casa delle Idee il grave errore da essa commesso con il suo licenziamento.
Con Baby Driver – Il genio della fuga, Wright, supera il suddetto “salto dello squalo” in maniera sublime, confezionando un’opera con tutti i crismi. La prima caratteristica a stupire nel lavoro del regista inglese risiede nella propria straordinaria capacità di mettere in scena situazioni diventate ormai ordinarie nel panorama cinematografico attuale senza dare una sensazione di deja-vu nello spettatore, rileggendo spesso e volentieri il genere preso in considerazione in un’inusuale chiave di lettura.
In questo particolare caso il regista britannico plasma un adrenalinico prodotto di intrattenimento il cui comparto sonoro risulta la vera e propria “benzina” che muove le fila della trama, oltre che delle magnifiche sequenze che incorniciano ogni momento del film. Ogni secondo delle quasi due ore di durata diventa un ballo dal ritmo irresistibile, al quale né i personaggi né tanto meno il pubblico possono sottrarsi.
A tenere le fila di tale coinvolgente danza è senza dubbio Wright stesso, che diventa quasi un direttore d’orchestra nella sua gestione quasi maniacale anche del più impercettibile dettaglio all’interno dell’inquadratura, confermando lo stile ipercinetico già assodato nelle precedenti pellicole della sua filmografia.
Un’ulteriore riconferma del suo indubbio talento è palese dando un’occhiata al vasto parco di personaggi ai quali il regista si diverte a dare vita sul grande schermo: dai protagonisti fino ai comprimari meno funzionali allo svolgersi dell’intreccio, risultano tutti estremamente memorabili, destinati a rimanere impressi nella mente degli spettatori anche dopo la visione: tale merito non è esclusivamente della brillante sceneggiatura, ma anche dell’abilità di Edgar Wright di tirare fuori il meglio degli attori con cui lavora, in primis il protagonista Ansel Elgort, senza dimenticare un Kevin Spacey che non si vedeva da fin troppo tempo in un ruolo di tale calibro in un’opera cinematografica, e un Jamie Foxx che se ne esce con la migliore interpretazione della sua carriera dai tempi di Dean “Fottimadre” Jones.
Commento Finale - 85%
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Baby Driver si inserisce immediatamente tra i migliori film dell’annata, impreziosendo la già gloriosa filmografia di Edgar Wright con un ulteriore prezioso tassello, con il quale è riuscito finalmente, grazie al successo di critica e botteghino, a consacrare il proprio genio ad una più vasta fascia di pubblico.