Arriva nelle nostre sale cinematografiche cinque anni dopo la sua realizzazione, vantando l’acquisizione di più di 20 riconoscimenti internazionali: dal British Independent Film Award all’Outfest di Los Angeles, passando addirittura per il Festival del Cinema di Roma, Weekend opera che ha segnato il talento registico di Andrew Haigh e che racconta una storia d’amore tra due ragazzi nel corso di un weekend a Nottingham.
Protagonisti di Weekend sono due bravissimi e giovanissimi attori inglesi: Tom Cullen, nei panni di Russel, e Chris New, Glen, due ragazzi in crisi (timido e incapace di esternare la sua sessualità il primo, libertino il secondo) e alla ricerca del loro posto nel mondo, in un weekend che li farà prima conoscere sessualmente, e poi lentamente li legherà l’uno all’altro. La novità di una notte è per il regista un espediente per esplorare quella sensazione di salto nel vuoto che attanaglia o riempie di adrenalina: è solo attrazione? È solo un residuo? I dialoghi sono scritti per un film di finzione, ma sembra quasi di ritrovarci in un documentario insieme ad Haigh e la sua macchina da presa, pronta a spiare Glen e Russell.
Haigh è interessato a catturare quei momenti che due persone condividono quando iniziano davvero ad impegnarsi in una relazione: le loro paure, le loro pulsioni, i loro sentimenti. L’occhio del regista si concentra con maggior interesse sui dettagli del rapporto sentimentale. Il punto di forza del film risiede proprio nella pazienza con cui Haigh si sofferma sugli sguardi, i momenti di silenzio, gli imbarazzi e i desideri celati. Trattandosi di due personaggi gay, il regista sembra esplorare il modo in cui queste persone gestiscono la propria sessualità, se e come si lasciano definire da quest’ultima, finendo per raccontare “solamente” una storia d’amore nella sua quotidianità.
C’è forse un momento di abuso di droga in cui i due personaggi perdono del tutto la loro inibizione che non sembra trovare una reale connotazione all’interno della storia. Lo sgomento che lo spettatore prova, passa in secondo piano se si pensa all’emozione pura che i due protagonisti vivono e sono capaci di trasmettere a chi guarda il film, un’emozione che è proprio dell’amore, apparentemente etichettato, ma analizzato a fondo tipicamente universale.
Esprimendosi tramite una regia sperimentale, originale, sempre presente: il film è girato in ordine cronologico, riprendendo lunghi piani sequenza, Haigh sembra cogliere con uno sguardo molto sensibile, le pulsioni sentimentali degli uomini e delle donne, regalandoci un’opera che spicca per l’intimità, per le emozioni quotidiane che cambiano la vita dei protagonisti in una storia d’amore essenziale, uguale e diversa, come solo il vero amore sa essere.