Per gli amanti dell’universo di Warcraft, ben due ore di azione,tradimenti e magia. Ambientazione medievale per il kolossal action fantasy del regista Duncan Jones, riuscito nell’impresa di ricreare il mondo a cui tanti videogiocatori sono affezionati, con stile e precisione, strizzando più di una volta l’occhio allo spettatore con citazioni “nascoste”. Promosso? Si, ma con qualche riserva.
Partiamo da una premessa, doverosa: ho giocato a Warcraft (strategico) e World of Warcraft (MMORPG) per anni, per esattezza dal 1994 (circa un anno dopo la pubblicazione ufficiale di Warcraft: Orcs & Humans da parte di Blizzard) ma le aspettative per questa pellicola, purtroppo, erano molto basse. Reputavo difficile la trasposizione cinematografica delle storie epiche che mi hanno accompagnato durante l’infanzia (ed oltre). I problemi incontrati dalla produzione hollywoodiana in fase di realizzazione (budget ridotto, cambio di regista), inoltre ed inconsciamente confermavano il mio pensiero: un altro film tratto da un videogioco che farà pena. Mi sbagliavo, e ne sono contento.
Ma partiamo dall’inizio e torniamo al 2009 quando Warcraft venne affidato a Sam Raimi. Il regista de “La Casa” insieme a Robert Rodat scrissero la sceneggiatura, producendo un qualcosa di simile al “Il Signore degli Anelli“, dove le due fazioni contrapposte erano rappresentate da Umani ed Orchi. Inconsciamente entrambi si avvicinarono molto ad una catastrofe mediatica, una sorta di autogol di Negro nel Derby Lazio-Roma del 2001 in versione cinematografica! World of Warcraft era all’apice del suo successo e molti giocavano gli Orchi nella fazione dell’Orda, Blizzard che ne era consapevole ed aveva diritto di veto, stracciò tutto e chiese ai due di ricominciare da zero, in modo tale da evitare le critiche ed il mancontento di milioni di persone. Raimi a quel punto si fece da parte ed il film passò a Duncan Jones, figlio di David Bowie, già autore di Moon e Source Code.
Dopo questa breve introduzione è il momento di occuparci del film vero e proprio. Kil’Jaeden dopo aver manipolato la mente di Gul’dan (Daniel Wu) al fine di conquistare Draenor e sterminare i Dranei, abbandona gli orchi a loro stessi in un mondo ormai morente, corrotto dalla magia Fel (Vil nella versione italiana). Un aiuto inaspettato giunge da Azeroth, la patria degli umani, con l’apertura di un portale che permettere il passaggio tra i due mondi. Pronti a tutto pur di salvare i propri clan, Blackhand (Clancy Brown), Durotan (Toby Kebbell) ed Orgrim Doomhammer (Robert Kazinsky) accettano di invadere Azeroth, accompagnati dalle proprie truppe,da Gul’dan stesso e da Garona (Paula Patton) la mezzorco prigioniera. Qui troveranno pane per i loro denti, con l’opposizione armata capeggiata da King Llane Wrynn (Dominic Cooper) ed Anduin Lothar (Travis Fimmel) oltre alla magia di Khadgar (Ben Schnetzer) e del guardiano Medivh (Ben Foster). La trama, quindi, segue la Prima Guerra non discostandosi molto dall’originale nonostante alcune “libertà” narrative che personalmente non ho apprezzato del tutto.
Gli orchi vengono descritti alla perfezione, specialmente su Durotan ed Orgrim è stato fatto un lavoro esemplare. Il capoclan dei Frostwolf appare addirittura umano nei dialoghi con la moglie Draka, così come leale verso il proprio clan. Sulla stessa linea Orgrim Doomhammer, amico fraterno di Durotan, combattuto tra l’appartenenza alla razza ed il bisogno di un aiuto esterno per fronteggiare lo stregone. Sottotono Blackhand che non si discosta molto dall’archetipo dell’orco secondo l’ideologia comune, mentre perfetta la realizzazione di Gul’dan, manipolatore ed assuefatto dal Fel (Vil). L’elemento che li accomuna è sicuramente l’impatto visivo. La realizzazione degli orchi in computer grafica è spettacolare, a tal punto da far apparire gli Uruk Hai dell’adattamento cinematografico del Il Signore degli Anelli di Peter Jackson come scarabocchi, diventando da oggi un punto di riferimento per il futuro. Ogni dettaglio è riprodotto alla perfezione, sono enormi, muscolosi, trasudano potenza e bestialità da ogni poro. Le animazioni che li accompagnano sono fluide, precise e coerenti, ad ogni colpo di ascia o martello volevo commuovermi tanto era il piacere nell’osservarli.
Di diverso avviso, purtroppo, la profondità data al personaggio di Garona. Se per lei l’utilizzo minimo della computer grafica ci ha permesso di ammirare Paula Patton in tutta la sua bellezza e sensualità, alcune scelte narrative non mi sono piaciute affatto. Il mezzorco appare vulnerabile, debole e fin troppo prono ai sentimenti così tanto da instaurare una breve storia d’amore, discostandosi troppo dalla Garona a cui sono abituato. Non vi è menzione dello Shadow Council, non viene approfondito minimamente il suo collegamento con Medivh così come il rapporto con Gul’dan. Ci si perde troppo nel romanticismo, lontano anni luce dal personaggio.
Come Garona, sul lato alleanza l’errore è stato fatto con King Llane Wrynn. Dominic Cooper, seppur bravo, non mi è sembrato l’attore adatto ad impersonificare il Re, che appare comunque insicuro e senza leadership a tal punto che ho avuto il sentore che il regista Duncan Jones abbia voluto sminuire il personaggio per concentrare l’attenzione dello spettatore su Anduin e Khadgar, dotati sicuramente di una caratterizzazione più accurata. Il leone di Azeroth (qui la scelta di Travis Fimmel, già ammirato in Vikinks, è perfetta) è un guerriero capace di tener testa da solo agli orchi, coraggioso ed impavido; Khadgar è uno studioso e come tale viene rappresentato, abile nella magia ed assetato di conoscenza. Stormwind (Roccavento) è riprodotta fedelmente (quando il grifone vola sotto gli archi, lì dove abbiamo conosciuto il Gryphon Master in World of Warcraft, ho sorriso, mancava solo la lacrimuccia) così come le vesti della popolazione, le armature (dotato di spalle oversize ovviamente) e le armi. Pochi minuti dedicati anche ad Ironforge (Forgiardente) la città dei nani più che sufficienti per ammirare la riproduzione fedele delle mura e dei suoi abitanti ed un paio di fugaci apparizioni degli elfi, con i loro tipici fari alogeni al posto degli occhi.
Warcraft va visto, punto. Lasciate perdere le inutili comparative con il Signore degli Anelli, o gli audaci paragoni alle questioni politiche odierne. Il fim di Duncan Jones è grintoso, ha una narrativa incalzante e tecnicamente è maestoso. Se siete fans della saga ed avete speso ore ed ore sui giochi Blizzard, mancare l’appuntamento al cinema a partire da domani 1 Giugno sarebbe un delitto (pari al far wippare l’intero raid con il boss all’1%). Non aspettatevi però un racconto lineare alla vostra conoscenza, Warcraft cerca di aggiungere, a tratti in modo poco fortunato, elementi alla storia originale, seguendola a grandi linee ma mutandola nei dettagli. Se non conoscete nulla del mondo ricreato dalla Blizzard oltre venti anni fa, invece, Warcraft è un buon approccio iniziale su cui magari approfondire successivamente online (attraverso siti web, giochi e comic) la storia. E poi, ragazzi, su schermo non ci saranno solo orchi ed umani, ma anche voi, con la vostra infanzia, i vostri ricordi, quel mondo che avevate solo immaginato e che ora pulsa di fronte ai vostri occhi al grido: FOR THE HORDE!
Commento Finale - 75%
75%
Warcraft è un film solido, maestoso dal punto di vista prettamente grafico. Una ricostruzione dettagliata di Azeroth eccellente, con una narrativa incalzante. Peccato per Garona, non ho digerito la sua caratterizzazione, e per Wrynn, assente completamente di carisma. Ci saranno nuovi capitoli in futuro? Io me lo auguro.