“La mia vita da Zucchina”, il film d’animazione di Claude Barras che affronta tematiche sociali, già applaudito a Cannes, arriva al cinema dal 1 dicembre con Teodora Film.
Zucchina, che in realtà si chiama Icar, è un bambino solitario che vive in un soffitta con una madre violenta ed alcolizzata che muore a causa di un terribile incidente. In seguito all’omicidio involontario, il bambino viene mandato a vivere in un collegio per bambini con problemi sociali con genitori tossicodipendenti, clandestini, assassini o morti. Dopo un periodo di assestamento Zucchina farà amicizia con gli altri bambini, stabilendo con ognuno un legame preciso, finché Camille, una carismatica bambina, non farà il suo ingresso nella vita del protagonista.
“La mia vita da Zucchina” è un racconto sociale in stop motion, un’animazione elaborata a mano passo dopo passo dalla tecnica impeccabile che vanta nel suo staff grandi professionisti, sia a livello tecnico che artistico. La storia trattata, come si intuisce dalla breve sinossi, è tutt’altro che leggera e i temi affrontati sono difficili e molto profondi. Nonostante sia inusuale trattare determinate tematiche in un film animato, il genere negli ultimi anni si sta dimostrando sempre più capace di portare sullo schermo storie complicate al servizio di trame non proprio fiabesche. Tuttavia in “La mia vita da Zucchina” ciò che confonde è l’incongruenza tra stile e poetica. La semplicità infantile della messa in scena stride con gli argomenti pesanti dei quali si parla con naturalezza per un prodotto dal target difficilmente individuabile.
“La mia vita da Zucchina” ha un’atmosfera cupa, appesantita da musiche tombali e un design tutt’altro che allegro non alleggerisce le storie strappalacrime dei protagonisti. Sebbene nulla sia trattato con compassione o pena, data l’atmosfera pesante e triste, è impossibile non trovare ridondanti determinate situazioni. La narrazione molto semplice e lineare, priva di fronzoli o abbellimenti, si presenta nella sua essenzialità grazie anche alla breve durata. La struttura e la risoluzione dei problemi ricorda oggettivamente quella di un cortometraggio e la sua semplicità ci permette di concentrarci sui personaggi e sulle loro tragiche storie. I protagonisti sono coerenti, ben costruiti e stereotipati, non per pigrizia o mancanza di fantasia quanto per facilitare la comprensione e l’empatia nei loro confronti. Icar, il protagonista, è malinconico e speranzoso, il suo design d’impatto lo rende immediatamente riconoscibile. Come il suo aquilone Icar, o Zucchina come preferisce farsi chiamare, vola in alto lontano dai suoi problemi, vicino al sole oltrepassando con leggerezza la sua tragica storia e lasciandoci coinvolgere nelle tipiche vicende di un bambino di dieci anni. Un altro personaggio d’impatto è Simon il tipico bullo della scuola complesso e sfaccettato, in parte rovinato da una caratterizzazione eccessiva che lo fa passare da bullo a paladino con troppa semplicità, che rappresenta la visione affettuosa e realistica che gli autori hanno nei confronti della vicenda.
“La mia vita da Zucchina” non è un’opera semplice. L’animazione è messa al servizio di una storia tragica, trattata con stoicismo che vede come protagonisti un design impeccabile e una tecnica perfettamente costruita. La trama è semplice ed efficace ma meno efficaci sono le intenzioni, un po’ confuse, che rendono oscuro il target al quale è destinato il progetto.
Commento Finale - 70%
70%
Film d’animazione che tratta argomenti importanti ed incredibilmente tristi. I protagonisti sono dei bambini sfortunati, in particolare il disgraziato Icar, che come gli altri ha vissuto un trauma che gli impedisce di vivere normalmente con i suoi genitori. Il design dei personaggi è accattivante e ben riconoscibile, e come la trama, è semplice ma ben fatto. A tratti troppo difficile per il piccolo pubblico ma anche troppo essenziale e infantile nella messa in scena per quello più adulto.