La leggendaria creatura di Mary Shelley torna al cinema in Victor: La storia segreta del dott. Frankenstein
Il romanzo di Mary Shelley Frankenstein, storia di un folle demiurgo che vuole letteralmente “creare” la vita partendo dalla sua totale assenza, ovvero dalla morte, continua a sollevare dubbi e perplessità sul complicato rapporto tra etica e scienza – e, soprattutto, sui suoi limiti – fin dal XIX Secolo. Non è quindi troppo scontato che la Settima Arte sia ancora affascinata da questo mito archetipico, adattandolo per il grande schermo e declinandolo attraverso le epoche e i generi. Su questa falsariga si colloca l’operazione voluta dalla Fox che ha reclutato il regista Paul McGuigan e lo sceneggiatore Max Landis per realizzare una vera e propria operazione di “restyling” della materia letteraria, stravolgendo le premesse di partenza e le consapevolezze sulle quali si basa, da sempre, la nostra conoscenza letteraria e realizzando una pellicola come Victor- La storia segreta del dott. Frankestein.
Protagonista della vicenda drammatica raccontata, con le sue venature da horror- gotico, non è il rapporto tra il giovane e follemente ambizioso scienziato Victor Frankenstein e la sua creatura, quella “Cosa” mostruosa intrappolata nel dramma di un corpo deforme contrapposto ad una coscienza umana (troppo umana); nella rilettura moderna e iper- pop realizzata da McGuigan e Landis, la storia è incentrata sul legame tra il giovane dottor Frankenstein e Igor, quell’Igor che è da sempre- nel nostro immaginario- il suo storico assistente gobbo. Igor ha il volto di Daniel Radcliffe, ed è la voce narrante di ciò che lo spettatore vede scorrere sullo schermo: salvato dal circo e da un tragico destino, anch’esso intrappolato nella sua “deformità” fisica, viene salvato proprio dal dottor Frankenstein. Il giovane studente riporta il circense senza nome (ribattezzato, appunto, Igor) alla vita, donandogli una seconda possibilità. In cambio, gli chiede solo di assisterlo durante il suo folle percorso verso la conquista dell’immortalità, trovando un unico modo per sconfiggere la morte.
Le interessanti premesse di partenza del prodotto (il punto di vista innovativo, il focus su Victor come protagonista e sulla sua complessa personalità in bilico tra genio, ambizione malsana, megalomania e follia) vengono vanificate nella realizzazione della “confezione”: il risultato è uno splendido e suntuoso giocattolo che ricorda le atmosfere perfettamente gotiche e vittoriane già elaborate da Guillermo del Toro nella sua ultima fatica cinematografica, Crimson Peak; ma la mancanza di un talento visivo –e visionario- dietro la macchina da presa sembra essere la discriminante fondamentale tra i due prodotti, limitandosi nel caso di Victor- La storia segreta del dott. Frankenstein a realizzare una ricca giostra che appaga il piacere retinico (grazie alla ricca ricostruzione storica, al piacere gotico e alla recitazione di alcuni attori, soprattutto un “barocco” James McAvoy nei panni di Victor e Andrew Scott) ma non scava a fondo nella sostanza e nel dilemma morale, rimanendo ancorato ad una patinata superficie hollywoodiana.
Commento Finale - 60%
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Victor-la storia segreta del dott. Frankenstein rappresenta un curioso tentativo, da parte del regista, di aggiornare all'epoca del 2.0 un classico della letteratura e, principalmente, un mito archetipico. Ma nell'adattare il romanzo per il cinema la sceneggiatura perde di vista il cuore della storia, si abbandona al mero piacere visivo con il risultato di confezionare un bel giocattolo targato "Hollywood Hollywood", dotato di una bella forma ma di pochissima sostanza.