“The Danish Girl“, il nuovo film di Tom Hooper, premio Oscar per “Il discorso del re“, arriva al cinema per raccontare le vicende di Einar Wegener ( poi Lili Elbe), icona trasgender e primo a compiere un’operazione finalizzata al cambio di sesso. Con una struttura da biopic tradizionale, “The Danish Girl“, racconta in maniera convenzionale e lineare una storia alquanto aspra con stile delicato e privo di innovazioni. Una scelta quasi obbligata per Hooper per far scorrere la pellicola il più piacevolmente possibile.
La fotografia è mozzafiato, in particolare le scene ambientate in Danimarca sono particolarmente ben girate. Tra paesaggi da sogno e architettura nordica è un piacere per gli occhi dall’inizio alla fine. I costumi e le atmosfere di inizio secolo sono ritratte alla perfezione, il regista cura in maniera impeccabile ogni inquadratura, creando un delicato ritratto di un’epoca oltre che di una vita. Le interpretazioni dei protagonisti mantengono il livello stabilito dalle sensazioni visive: Eddie Redmayne si cala completamente nella parte, dimostrandosi capace di interpretare ruoli apparentemente molto complessi. E’ verso la conclusione del film che la sua recitazione comincia a stancare, facendosi sempre più retorica e monotona. Alicia Vikander invece, anche non interpretando una parte palesemente difficile, porta effettivamente avanti l’intera pellicola, confermando ancora una volta il suo talento. Il suo personaggio risulta tra i più riusciti dell’intero film, distinguendosi e brillando anche sopra la “protagonista”.
“The Danish Girl” è un’ottima pellicola, perfettamente girata e piacevole da guardare. Tuttavia l’esperienza finale risulta un po’ anonima, forse dimenticabile. Il regista perde l’occasione di raccontare una storia non convenzionale in maniera innovativa, non aggiungendo nulla di nuovo o di sorprendente alla sceneggiatura e alla messa in scena. La delicatezza che accompagna la narrazione stanca, si perde e si confonde nella quantità di biopic usciti negli ultimi anni.