Sword Master 3D, lo wuxia diretto da Derek Yee scritto e prodotto da Tsui Hark
La grazia, la leggerezza, la poesia visiva e l’equilibrio armonioso – quanto surreale – dei combattimenti coreografici dei film di wuxia provenienti dalla Cina si incontrano, finalmente, con gli esiti delle nuove tecnologie, e in particolar modo con le potenzialità del 3D: da questa unione e dopo una lunga gestazione nasce il progetto di Sword Master 3D, Ispirato da una wuxia novel (come suggerisce il nome, una graphic novel ad argomento wuxia) di Gu Long pubblicata nel 1975 (ed intitolata The Third Master’s Sword) e diretto da Tung – Shing ‘Derek’ Yee con la supervisione del maestro Tsui Hark in qualità di produttore.
Il film racconta le vicende del Terzo Maestro del Palazzo di Spade, ormai stanco della violenza all’interno del mondo delle arti marziali, che decide di inscenare la propria morte scappando e fingendosi un garzone di una casa di tolleranza. Il suo acerrimo rivale Yan, un cavaliere errante moribondo che ha deciso di vivere i suoi ultimi giorni in solitudine e lontano da rancore ed odio, lo incontra in un povero villaggio oppresso dal Padrone locale (membro di un’oscura setta di reietti delle arti marziali) e lo considera suo allievo, insegnandogli tutti i suoi colpi segreti. Mentre i due uomini affrontano un percorso – simile ma diverso – di crescita e consapevolezza, Qiuidi la promessa sposa del Terzo Maestro, abbandonata sull’altare, progetta un piano sanguinario per stanare il suo (ex) compagno e consumare la propria vendetta.
Classica storia – che segue il tradizionale iter fiabesco/folkloristico/mitologico del viaggio dell’eroe -ma non trova il proprio punto di forza nella sceneggiatura o nell’originalità specifica della storia narrata: non arricchisce ulteriormente il già ricco panorama del genere e fa rimpiangere la poesia e la visionaria bellezza di film come La Tigre e il Dragone, Hero, La Foresta dei Pugnali Volanti o Seven Swords; i duelli fanno procedere drammaturgicamente la pellicola che si destreggia con maestria tra lunghi flashback e siparietti che rallentano il ritmo, scalando le marce della tensione in modo progressivo.
La vera svolta di Sword Master 3D è nell’uso del 3D: già Hark ne aveva sperimentato il potenziale nei film della serie di Detective Dee, ma stavolta sceglie con fiducia di affidarsi alle sapienti mani di un altro regista per raccontare una storia antica quando le leggende della Cina stessa, allo stesso tempo aggiornata al gusto di un pubblico sempre più abituato alla spettacolarizzazione- in scena – e all’esperienza totalizzante che continua, incessantemente, a cercare.
Un’esperienza simile a quella dei concerti, dove ci si può lasciar avvolgere dal turbinio indistinto delle emozioni suscitate dal “live”: qui in Sword Master 3D il concetto è ridimensionato ma l’esito che si vorrebbe mantenere è sempre lo stesso, ovvero stupire e meravigliare il pubblico accorso in sala. Durante i duelli si rimane sorpresi nel vedere e poter quasi percepire lame, spade, pugnali, pericolosi oggetti ninja di metallo che vengono scagliati contro il nemico ma che sembrano colpire “noi”, gli spettatori, pronti a sobbalzare nel buio della sala.
Commento Finale - 70%
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Questa classica storia - che segue il tradizionale iter fiabesco/folkloristico/mitologico del viaggio dell’eroe -non trova il proprio punto di forza nella sceneggiatura o nell’originalità specifica della storia narrata: non arricchisce ulteriormente il già ricco panorama del genere. I duelli fanno procedere drammaturgicamente la pellicola che si destreggia con maestria tra lunghi flashbacks e siparietti che rallentano il ritmo, scalando le marce della tensione in modo progressivo. Ma la vera svolta è nell’uso del 3D, perfetto per raccontare una storia antica quando le leggende della Cina stessa, ma allo stesso tempo aggiornata al gusto di un pubblico sempre più abituato alla spettacolarizzazione- in scena – e all’esperienza totalizzante che continua, incessantemente, a cercare.