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Sempre meglio che lavorare l’esordio dei The Pills analizzato da un regista

Da quanto tempo il cinema italiano non produce più un immaginario proprio?

L’apparato cinematografico, come macchinario complesso e seducente, da quando è nato non ha fatto altro che inventare personaggi, aumentare la realtà fattuale estendendola attraverso protesi immaginifiche, costruendo universi paralleli fatti di modi di dire, mode, usanze e gerghi, facendoli a poco a poco entrare nella cultura dominante e rendendoli concreti e reali quanto la realtà stessa. Basti pensare al potere pervasivo che saghe leggendarie come Star Wars,Indiana Jones o Il Signore degli anelli hanno avuto e hanno nella comunicazione quotidiana, o anche soltanto al cambio di percezione che un mestiere come quello del commesso ha subito dopo l’uscita di un piccolo film come The Clerks…

E’ evidente come, al contrario, esista una tendenza produttiva che svilisce e debilita il cinema, che lo priva della sua anima e del suo potere di generare sogni e produrre immaginari. Lo schermo cinematografico diventa, pertanto, mero riflesso di fenomeni già esistenti nel reale, che esso non fa altro che “nobilitare” o “istituzionalizzare”, trasformandosi da luogo attivo dell’immaginario a luogo passivo che subisce l’immaginario, diventando specchio di una società che trova la propria mitologia e i propri miti altrove. Sia che essi vengano dalla tv (Zalone) o dal web (The Pills) il risultato cambia poco, ritrovandoci sempre più davanti a prodotti che cercano di cavalcare qualche like o qualche visualizzazione, riproponendo un fenomeno sociale in formato maxi.

E arriviamo a Sempre meglio che lavorare, opera prima del trio venuto dal web. Mi verrebbe da dire che Luca, Luigi e Matteo – i tre Pills – non hanno poi tanta colpa di questa tendenza produttiva e che, forse, se c’è qualcuno a cui puntare il dito questo sarebbe sicuramente produttore Pietro “Re Mida” Valsecchi, ma tuttavia, come spesso accade in questi casi, è più interessante capire il fenomeno che decretare il vincitore morale. Alla fine i tre ragazzi sono riusciti a confezionare un prodotto più che dignitoso, che riesce a trovare fin dai primi minuti la sua direzione, con una regia piuttosto ispirata (firmata da Luca Vecchi) capace di supportare delle azzeccate trovate comiche (a differenza della non-regia di Nunziante di “Quo Vado”) e con un’aura malinconica che avvolge il tutto e che cerca di segnare il tragico passaggio dall’età in-cui-tutto-è-solo-canne-e-cazzeggio a quella delle responsabilità. Interessante è anche il modo in cui è stata trattata la tematica del lavoro, che diventa a tutti gli effetti una droga capace di creare dipendenza e che porta verso il temibibile posto fisso: un tunnel da cui è molto difficile uscire… Ma alla resa dei conti qualcosa stona e si ha la forte impressione che “Sempre meglio che lavorare” non sia ancora Cinema. I novanta minuti che intercorrono tra l’inizio della pellicola e i titoli di coda sembrano più una protesi del mondo web, in cui si seguono le vite dei tre youtubers, in cui si ride per degli sketch zeppi di citazioni, ma in cui manca totalmente l’idea su cosa significhi fare un film, ovvero creare dei personaggi (interpretati da attori), una storia, un mondo, un immaginario per l’appunto. Qui invece tutto è bidimensionale, discontinuo, sterile, senza una struttura drammaturgica che tenga, senza attori capaci di far vivere le parole su carta e così tanto nostalgico da far rimpiangere addirittura Max Pezzali. E come in tutte le cose anche per raccontare se stessi serve la giusta distanza: non essere troppo vicini da non vedere l’insieme, ma neanche troppo distanti da perdere i dettagli.

Sarebbe certamente servito più coraggio per distaccarsi dal web-mondo tanto caro ai tre youtubers per creare un vero cine-mondo, con tutta la complessità che esso ha. Non è impossibile: ci è riuscito in parte Maccio Capatonda nel suo”Italiano Medio”, che ha saputo usare il grande schermo sia per estendere il suo universo che per raccontare una storia costellata da un immaginario tutto nuovo e non solo derivativo. Ma lì c’era un altro produttore…

Da premiare sicuramente è la genuinità con cui i The Pills si presentano agli spettatori, che ricorda un po’ quella di un altro trio e di un altro esordio, ovvero Aldo, Giovanni e Giacomo con “Tre uomini e una gamba”. Una commedia che, nonostante la storia pretestuosa e la struttura a sketch, è riuscito a diventare un cult del comicità, proprio grazie alla qualità della scrittura, e all’attenzione data alla costruzione dei personaggi che oggi sembrano sempre più passare in secondo piano.

About Lorenzo Giovenga

Lorenzo Giovenga è un giovane regista italiano. Esordisce nel 2009, insieme al collega e amico Giuliano Giacomelli, col lungometraggio horror “La Progenie del Diavolo“. Insieme, sempre nel 2009, firmano anche i cortometraggi “Pianto Rosso” e “Voce dall’Inferno“. Nel 2011 fonda insieme a Giuliano Giacomelli e Lucio Zannella la Rec-Volution Lab.

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