“Rara”: Arriva dal Cile sbarcando nelle sale italiane il prossimo 13 Ottobre il primo lungometraggio di Pepa San Martin già vincitore di numerosi premi. Un film “lupo, travestito da pecora” che pone l’attenzione sui diritti delle Famiglie Arcobaleno filtrando il tutto attraverso lo sguardo di un’adolescente, alle prese con le difficoltà della crescita.
Sara è un’adolescente alle prese con le prime gioie e dolori della crescita: impara a relazionarsi con i compagni di scuola, le amiche, i primi amori, gli adulti, la madre e il padre, ritrovandosi all’interno di una controversia legale per la sua custodia e per quella di sua sorella minore, Cata. L’unica cosa che differenzia Sara è che il padre Victor vuole portarla via dalla sua famiglia arcobaleno, composta dalla madre e dalla compagna Lia.
Pepa San Martin, regista cilena al suo primo lungometraggio, sceglie di partire da una storia vera – rielaborata insieme alla regista Alicia Scherson – per realizzare Rara, esordio che ha già vinto il premio come Miglior Film nella sezione Generation Kplus a Berlino 66, oltre al Festival di San Sebastian 2016 e presentato con successo durante la scorsa edizione del Giffoni; un film che lei stessa definisce come “un lupo travestito da pecora”, perché sceglie la via della narrazione per famiglie pur di porre l’attenzione su una delicata questione sociale e politica.
Abbiamo incontrato la regista Pepa San Martin
In un Cile ancora alla ricerca di una propria, definita, identità svincolata dagli orrori del passato dittatoriale di Pinochet, le difficoltà di due madri pronte a tutto pur di non cedere la custodia delle figlie al padre biologico, con le bambine nell’occhio della tempesta sommerse da problemi più grandi di loro, danno forma a quell’infido nemico che si insinua spesso all’interno della comunità LGBT: l’omofobia interiorizzata, frutto della repressione, che dopo anni esplode con violenza impedendo di manifestare un affatto genuino nel tessuto sociale.
In Rara, la scelta della San Martin di raccontare la vicenda senza mai perdere la focalizzazione incentrata sul punto di vista della piccola Sara si rivela vincente: invece di utilizzare un registro impegnato e un piglio decisamente militante la regista sceglie di orchestrare la sinfonia visiva con un tocco delicato, intimista, cercando di dare risalto alla cronaca delle piccole cose, ai paesaggi, ai volti quanto ai silenzi. Volontariamente viene evitata una fotografia folkloristica, tipica degli scenari caldi del Sudamerica, preferendo invece una messinscena dal respiro più internazionale, in grado di comunicare a tutti la piccola, grande, storia di una famiglia pronta a lottare pur di ottenere i propri diritti in un mondo pronto ad ostracizzarla, escludendola. Da qui il titolo Rara, come a voler sottolineare una “rarità”, una condizione particolare interiorizzata soprattutto da Sara che teme il rifiuto della società, dei suoi amici, dei suoi compagni di scuola innescando così un’assurda spirale di amarezze, dolori, discriminazioni e pregiudizi; ma prima ancora di tutto questo, il film è – in definitiva – una storia d’amore e d’innocenza narrata attraverso uno stile asciutto, adatto ad immortalare le contraddizioni del reale.
Commento Finale - 70%
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In un Cile ancora alla ricerca di una propria identità, le difficoltà di due madri pronte a tutto pur di non cedere la custodia delle figlie al padre biologico, danno forma a quell’infido nemico che si insinua spesso all’interno della comunità LGBT: l’omofobia interiorizzata, frutto della repressione. In Rara, la scelta della San Martin di raccontare la vicenda senza mai perdere la focalizzazione incentrata sul punto di vista della piccola Sara si rivela vincente: invece di utilizzare un registro impegnato e un piglio militante orchestra la sinfonia visiva con tocco delicato, intimista, cercando di dare risalto alla cronaca delle piccole cose, ai paesaggi, ai volti quanto ai silenzi, raccontando così una storia d’amore e d’innocenza narrata attraverso uno stile asciutto, adatto ad immortalare le contraddizioni del reale.