In concorso al Festival del Cinema di Venezia, Questi giorni affronta con estrema delicatezza il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Quattro amiche in un viaggio per accompagnare una di loro a Belgrado e il cambiamento che inevitabilmente accade senza che nemmeno abbiano il tempo di accorgersene.
Giuseppe Piccioni torna alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia con il suo settimo film dopo 15 anni dal suo bel Luce dei miei occhi, con Questi giorni, coming-of-age che narra l’amicizia tra quattro ragazze: una di loro decide di andare a vivere a Belgrado, e le altre tre l’accompagnano nel viaggio in automobile che intende compiere. Basato su un romanzo di Marta Bertini (Color betulla giovane), Piccioni tratteggia quattro tipi al posto dei personaggi: c’è Liliana, la ragazza cresciuta solo dalla madre e innamorata del docente con cui si deve laureare, Anna, la giovane ingenua incinta di un fidanzato altrettanto naïf, Angela, l’apparente provocatrice che non sa scrollarsi di dosso un ragazzo. E poi c’è Caterina, colei che cambia vita, arrabbiata con il mondo e innamorata (senza essere ricambiata) di Liliana.
Cos’è quell’illusione di eternità che improvvisamente si inceppa, minaccia di interrompersi proprio quando il futuro sembra comunque essere carico di promesse? Perché un viaggio intrapreso per suggellare il legame di un’amicizia che in quel modo cerca di diventare eterna, crea invece un’incrinatura insanabile nell’equilibrio incerto della vita quotidiana del gruppo? Questi giorni è un film che con estrema delicatezza riesce a raccontare la potenza dei cambiamenti e delle piccole e grandi crisi esistenziali di quattro ragazze ventenni. In questo si fa aiutare dall’espediente narrativo del viaggio, e con discrezione segue le piccole avventure delle quattro ragazze nel loro tragitto dall’Italia a Belgrado. E’ un racconto a tinte tenui quello di Piccioni, dove le energie inespresse, le inquietudini, le complicità, le risate ma anche e soprattutto le lacrime delle quattro ragazze, sembrano vivere di vita propria. Non ci sono manierismi, non c’è l’ansia di voler inquadrare queste ventenni e voler per forza definire cosa sono: il loro modo di essere emerge in maniera quasi spontanea.
La scrittura naturale, senza nessuna forzatura ed eccessi rispecchia l’andatura del film: parte quasi frammentario nel montaggio, incerto, come se cercasse la sua strada seminando alcuni temi che divengono man mano più chiari quando inizia il vero viaggio che è quello che le ragazze compiono realmente. A questo punto i tempi si dilatano, i personaggi si isolano maggiormente nei loro problemi opponendo all’esterno comportamenti spensierati per giungere alla fase finale del film. I comportamenti si diradano come spesso accade nei melò, ci sono più musiche ad accompagnare le scene, torna la voce fuori campo dell’inizio, come a voler fare da raccordo ai vari passaggi, e il senso della storia si definisce. In questo viaggio, affrontato senza nessuna aspettativa e senza nessuna consapevolezza, le protagoniste perdono qualcosa e Piccioni vuole evidenziare proprio questo stato d’animo in cui non si sa cosa accadrà dopo, ma non si riesce nemmeno a decifrare cosa ti sei appena lasciato alle spalle.
Senza bisogno di scene madri e drammi urlati, Piccioni riesce a costruire un racconto ammantato di pathos che sa commuovere senza essere mai scontato. Questi giorni risulta un film dignitoso, una riflessione su temi importanti gestita con la bellezza di alcune inquadrature volte a rendere tutto molto intimo, quasi imploso e a voler enfatizzare il dentro che sta cambiando a discapito di una superficialità, un fuori che rimane quasi intatto. Non aiuta, sicuramente, la lunghezza dell’opera e il bisogno, molto spesso ingiustificato, di chiudere tutti i fili senza lasciare nulla all’immaginazione dello spettatore.
Commento finale - 65%
65%
Questi giorni
In concorso alla 73esima edizione del Festival del cinema di Venezia, Questi giorni riesce a raccontare con estrema delicatezza e sena nessuna forzatura narrativa la potenza dei cambiamenti in quattro amiche ventenni. Punti di forza del film sono i dialoghi naturali e mai forzati, scambi e giochi mimici delle ragazze molto realistici e la bellezza di alcune inquadrature che Piccioni utilizza, volte a rendere tutto molto intimo, quasi imploso, a voler enfatizzare il dentro che sta cambiando a discapito di una superficialità, un fuori che rimane quasi intatto.