Ouija – Le Origini del Male, il regista di “Somnia” Mike Flanagan torna al cinema con il prequel di “Ouija”.
Le mani di una adolescente dai lunghi capelli rossi si poggiano sulla planchette di una tavola Ouija, un innocente gioco realizzato dalla Hasbro e che non poteva non conquistare i giovani degli anni ’60, immortalati nel pieno della contestazione e attratti dalle surreali teorie astrali legate all’Era dell’Acquario e alla possibilità che, tramite una tavoletta in legno, fosse possibile comunicare con l’Aldilà. Un “gioco” e solo tre regole da rispettare: apparentemente, sembra solo un innocuo passatempo per delle serate tra amici. Ma giocare con l’Occulto e con ciò che si può accidentalmente evocare non lascia immuni da conseguenze serie: questo sembra l’inquietante monito che già il film Ouija aveva lanciato nel 2014. Se, nel primo film, ad essere oggetto delle attenzioni inquietanti e macabre di forze oscure era uno sparuto gruppetto di adolescenti, in questo secondo capitolo intitolato Ouija – Le Origini del Male (e che ne costituisce il prequel) il regista Mike Flanagan prova a fornire – in tempo per la notte di Halloween – una spiegazione inquietante ai fenomeni paranormali mostrati in precedenza: protagoniste di questa nuova vicenda (ambientata nel 1967) sono Alice Zander, da poco vedova del marito Roger, e le sue due figlie Paulina (l’adolescente dai capelli rossi citata precedentemente) e la piccola Doris, nove anni. Entrambe danno una mano alla madre, che cerca di sopravvivere inscenando delle finte sedute spiritiche con la loro complicità. Ma quando la bambina comincia a mostrare delle reali capacità medianiche che le permettono di entrare in contatto con il mondo dei defunti che gravita intorno alla loro casa, la madre cerca di sfruttare al meglio queste potenzialità con i propri clienti (mentre prova nel frattempo ad instaurare un contatto con il defunto marito). Ma i poteri extra sensoriali della bambina non evocano solo delle entità benevole: anche forze oscure, malvagie e cariche di odio vengono risvegliate dal loro antico sonno con esiti drammaticamente imprevedibili.
Ouija – Le Origini del Male per quanto riesca a convincere più del primo capitolo della “neo” saga, grazie ad un ritmo sostenuto e ad alcuni colpi di scena disseminati con maestria e perizia durante i 99’,rimane comunque un granello minuscolo nel mare di sabbia degli Horror americani, penalizzati da evidenti similitudini legate alla scrittura, quanto ai soggetti di partenza, la scelta delle inquadrature, le ricostruzioni storiche mostrate (fin troppo accurate da risultare patinate ma godibili); i cliché che saccheggia dalla tradizione sono tanti e si vive la sensazione, da spettatore, di aver già assistito altre volte, proprio come voyeur impotenti, a storie simili a base di vecchie case, famigliole felici, spettri e possessioni diaboliche; il film di Flanagan sceglie di nascondersi dietro la sua efficace patina per evitare di districare il bandolo della complessa matassa di riferimenti e spunti che utilizza, mescolandoli caoticamente tra loro e creando un cortocircuito comunicativo che funziona nonostante tutto ma allunga un potenziale cocktail del terrore fino a farlo diventare un innocuo analcolico da Happy Hour, gustoso e leggero.
Commento Finale - 65%
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Ouija – Le Origini del Male di Mike Flanagan è il prequel del precedente Ouija; per quanto riesca a convincere più del primo capitolo grazie ad un ritmo sostenuto e ad alcuni colpi di scena disseminati con maestria e perizia durante i 99’,rimane comunque un granello minuscolo nel mare di sabbia degli Horror americani, penalizzati da evidenti similitudini legate alla scrittura, quanto ai soggetti di partenza, la scelta delle inquadrature, le ricostruzioni storiche mostrate (fin troppo accurate da risultare patinate ma godibili); i cliché che saccheggia dalla tradizione sono tanti e si vive la sensazione, da spettatore, di aver già assistito altre volte, proprio come voyeur impotenti, a storie simili. il film sceglie di nascondersi dietro la sua efficace patina per evitare di districare il bandolo della complessa matassa di riferimenti e spunti che utilizza, mescolandoli caoticamente tra loro e creando un cortocircuito comunicativo che funziona nonostante tutto, ma allunga un potenziale cocktail del terrore fino a farlo diventare un innocuo e frivolo analcolico.