Campione di incassi in Francia, arriva anche in Italia Mister Chocolat, biopic di Roschdy Zem sul primo artista di colore della storia, Rafael Padilla, interpretato dal sempre bravo Omar Sy.
Ispirato alla storia vera del primo artista nero diventato famoso sul territorio francese, Rafael Padilla, Mister Chocolat racconta del clown Chocolat, ex schiavo cubano, che ottenne un incredibile successo nella Parigi di inizio secolo grazie all’artista Footit con il quale formava un duo indivisibile, sul palcoscenico ma anche nella vita.
Come molte biopic Mister Chocolat descrive il personaggio principale con le sue tante contraddizioni e per il quale comunque non è difficile provare simpatia. Dedito al gioco d’azzardo e pieno di debiti, ma anche disposto ad esibirsi per i bambini malati in ospedale, ponendo i presupposti della oggi nota “terapia della risata”; donnaiolo impenitente ma poi marito devoto dell’infermiera vedova Marie Giuliani. Soprattutto, artista di colore che si esibisce subendo sulla scena vessazioni da un bianco suscitando in questo modo l’ilarità del pubblico e al tempo stesso l’imbarazzo di una società coloniale che evidentemente sembrava avere dimenticato il significato del termine uguaglianza. Una piccola storia, insomma, quasi completamente dimenticata dal mondo, per raccontare problemi complessi come il razzismo e la diversità.
La forza della pellicola è rintracciabile nella visione distorta e inconsapevole dello stesso Chocolat che non si rende (o non vuole rendersi) conto del mondo che lo circonda. Nonostante sia pieno di motivi di interesse, il film si configura, anche forzando parecchio la vera storia di Padilla, come parabola eccessivamente esemplare, dimostrativa e didascalica di una diversità etnica e insieme esistenziale inevitabilmente destinata alla sconfitta nella ferrea società boghese, classista e castale, della Francia tra Otto e Novecento. Quella Francia dove ogni emancipazione si scontrava con il pregiudizio.
Accanto all’innegabile originalità e freschezza della storia (voler riprendere un’arte sempre troppo poco documentata come quella circense è un grande merito), il film non riesce ad avere un carattere deciso e un’omogeneità interna. I problemi narrativi di Mister Chocolat nascono dal desiderio di voler raccontare troppe cose differenti, finendo per non raccontarne bene nessuna. Sono presenti una serie di sequenze di radicalizzazione e cambi di registro improvvisi: momenti troppo elevati intellettualmente, camei e apparizioni varie, tematiche e sottotrame prese e lasciate con una leggerezza ingiustificabile.
Dimostrando una bella abilità nella gestione di un film che poneva numerosi ostacoli potenzialmente pericolosi, a cominciare dagli spettacoli circensi per finire con la questione della vera e propria verosimiglianza storica, il regista Roschdy Zem riesce comunque a raccontare la verità di una storia che si fa vedere, ascoltare e capire con piacere, trattando la questione razziale e coloniale con un tocco sapiente e “leggero”, mai pedante ma nemmeno sminuente.
Commento finale - 65%
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Mister Chocolat
Ricostruzione della storia del primo artista nero, Rafael Padilla, fattosi strada nella Francia a cavallo tra 800 e 900, Mister Chocolat è un'opera narrativa abbastanza tradizionale che ha come forza l'originalità del soggetto su cui si basa. Roschdy Zem riesce a dare un quadro completo del protagonista tra esibizioni circensi e vita privata volta al gioco e alle donne, ma non riesce ad entrare in profondità di certi rapporti umani. Sullo sfondo una Francia che si sta costruendo: la Belle Epoque tra lusso e accettazione dello straniero.