Sviluppata direttamente per Netflix dai creatori di Daredevil, Jessica Jones si basa sull’omonimo personaggio dei fumetti Marvel Comics, di cui mantiene l’ambientazione noir e metropolitana del Marvel Cinematic Universe, la spettacolarità degli scontri corpo a corpo e la vena ironica del protagonista. In questo caso, della protagonista. Jessica è una bella mora con degli occhi indimenticabili, convinta e malinconica bevitrice di whisky, ex-supereroina e agente investigativo scaltro e letale, nonché dotato di strani poteri. C’è ovviamente l’inquietante nemico numero uno (capace di leggere e controllare la mente umana) e un’infuocata storia d’amore.
Personaggio piuttosto secondario nell’universo Marvel, è stato creato nel 2001 e non ha un albo a suo nome, benché fra il 2004 e il 2006 sia stata la protagonista della serie Pulse, Jessica Jones non indossa una maschera, è estremamente diretta ed è un’irreparabile attacca brighe. In pratica non è la classica rappresentazione dell’eroe moderno che abbiamo imparato a conoscere. Jessica è una sorta di antieroe: prende cattive decisioni, mantiene molti segreti e non è particolarmente responsabile. Ma Krysten Ritter (conosciuta in Italia soprattutto per la parte da protagonista nella serie tv Non fidarti della stronza dell’interno 23 e per la parte di Jane in Breaking Bad) riesce a giocare con tale destrezza carismatica che gli errori e le cicatrici del personaggio finiscono per essere importanti ai fini della narrazione. Jessica Jones, dunque, è una protagonista ben distante dagli ideali di Matt Murdock in Daredevil: Jessica deve superare il proprio trauma, deve fronteggiare continuamente i delicati argomenti di stupro e di abusi sessuali che dominano la serie. Una serie che vuole essere un intenso thriller psicologico dalle tinte noir.
Quello in cui la serie pecca è che si sente la mancanza di personaggi secondari efficaci. Abbiamo sempre l’impressione che si tratti di Jessica contro Killgrave, Kilgrave contro Jessica, che si scambiano di continuo i ruoli di cacciatore e preda. E funziona, certo. Kilgrave, l’uomo dotato del potere di controllare la mente altrui e piegarla al proprio volere, è uno dei villian meglio riusciti nella storia delle serie tv. Interpretato da David Tennant uno degli attori televisivi britannici più apprezzati degli ultimi anni (di recente è stato il protagonista di Broadchurch, ma per anni è stato il Dottore di Doctor Who), Kilgrave schianta e annienta l’umanità di chi lo circonda. E’ un personaggio che incute timore anche solo a sentire la sua voce nelle menti delle vittime, continuamente su di giri e privo di senno, ma che nonostante ciò riesce in più di un’occasione a giustificare le proprie pazzie. La sua rappresentazione sovrannaturale, inoltre, non si esaurisce in semplice strumento narrativo, nella minaccia da sconfiggere. È qualcosa di più, ed è qui che Jessica Jones svela la sua anima più femminile.
Composta da 13 episodi – su Netflix dal 20 Novembre scorso – Marvel’s Jessica Jones racconta la costrizione, il controllo, la trappola mentale, l’annientamento della dignità e della libertà. Lo fa perdendosi a volte per strada, nei rivoli di storyline non sempre efficaci, tra punti morti, personaggi non sempre ben sfruttati, ma riconducendo tutto a una tematica comune. Questa, insieme a un’ottima coppia di protagonisti e a un piglio più dark all’interno dell’universo Marvel, hanno permesso alla serie di tradursi in una scommessa vinta.