Diretto da Jean-Pierre Améris e distribuito da Mediterranea al cinema dal 3 Marzo 2016, “Marie Heurtin – dal buio alla luce“, narra la storia di una ragazza nata sordo-cieca, istruita e avvicinata al mondo civile grazie ad una suora in un convento a fine ottocento.
Fedele alle vicende reali, la pellicola mostra una cura nei dettagli, nella ricostruzione storica e nella messa in scena impeccabile. Al suo interno si percepisce la passione del regista nel raccontare questa storia, la sua ricerca ossessiva sulla realtà dei fatti riassunta in soli novanta minuti. Aiutato perfettamente da entrambe le prove delle attrici protagoniste. Una convincente Isabelle Carrè, nei panni della delicata della suora Marguierite, e la sorprendente Ariana Rivoire, attrice sorda alla sua prima interpretazione, sono il punto di forza di un’opera che guarda alla chimica tra protagoniste, tra scene di lotta e contatto, per rappresentare l’approccio di Marie Heurtin al mondo.
Ingredienti importanti che nonostante la cura e il tema commovente, e miracoloso, non esaltano l’opera agli occhi dello spettatore. La struttura è troppo convenzionale, di film sul genere ne escono ogni anno e non solo al cinema, e l’originalità di “Marie Heurtin – dal buio alla luce” ne risente tantissimo. Narrativamente inchiodato alla malattia della protagonista, la pellicola non si spinge mai oltre il semplice racconto documentaristico. Le tematiche non mancano, dall’apprendimento alla comunicabilità ci sono molti spunti interessanti, ma sono sepolti dalla monotonia del racconto. Il modo in cui è narrato lo straordinario percorso di apprendimento della protagonista è eccessivamente moralista e celebrativo, arriva spesso ad essere troppo monotono già dopo il primo atto.
Il regista Jean-Pierre Améris gira con un’ottima tecnica, affrontando un racconto ostico da portare su uno schermo ciò nonostante in modo troppo banale.”Marie Heurtin – dal buio alla luce” non è un brutto film tuttavia non emerge oltre il racconto schematico. La sua distribuzione sarà curata in modo tale da essere accessibile anche ad un pubblico sordo e cieco sottolineando, ancora una volta, la passione e la sensibilità di chi lo ha realizzato.