In concorso al 69° Festival di Cannes, arriva nelle nostre sale Ma Loute farsa in costume dall’umorismo grottesco che consacra definitivamente Bruno Dumont come regista fuori dal comune nel panorama del cinema mondiale.
In concorso al 69° Festival di Cannes, Ma Loute è un film in costume che ricostruisce gli anni 1910, racconta una storia d’amore folgorante, una stravagante inchiesta di polizia (il cui mistero è immediatamente svelato) e ritrae, attraverso uno specchio deformante, due classi sociali antagoniste e separate da qualsiasi cosa tranne che la baia della Slack, nel Nord della Francia, dove avvengono delle misteriose sparizioni. Il grasso ispettore Machin e il suo fedele collaboratore Malfoy raggiungono il luogo nel quale vive una famiglia cannibale di pescatori e la ricca e decadente famiglia dei Van Peteghem.
Forte del successo di P’tit Quinquin, Dumont procede, con Ma Loute, sulla strada dell’affresco corale di un’umanità che può essere tanto splendida che mostruosa, con personaggi talmente deviati e devianti, talmente improbabili, da risultare spesso irresistibili e che nascondono dramma e tragedia sotto la coperta della comicità.
La sceneggiatura infarcita di umorismo grottesco e critica sociale, facendo scontrare violentemente mondi assai distanti concettualmente e culturalmente, ma con tare genetiche insospettabilmente contigue, chiede ai suoi attori una recitazione parossistica, esagerata, perennemente sopra le righe. Aprendo il suo cinema a un trio di star francesi, Fabrice Luchini, Juliette Binoche, Valeria Bruni Tedeschi (tutti eccezionali nella smisuratezza delle loro interpretazioni), Bruno Dumont gioca con diletto con l’idea di far loro incarnare i membri della famiglia Van Peteghem, dei ricchi borghesi dipinti come dei “preziosi ridicoli”, in villeggiatura estiva nella loro villa in stile egiziano, il Typhonium. Dinanzi a loro, il panorama di una natura bruta e bella da mozzare il fiato, con dune che si estendono fino al mare e più in là spiagge e scogliere, uno scenario in cui il regista muove i suoi personaggi con il senso magistrale ed elegante dell’inquadratura che gli è proprio.
Il cocktail funziona, però, solo in parte. Ci si diverte all’inizio, e anche tanto. Ma alla lunga il tutto stanca ripetendosi e, per una buona metà dell’opera, annoia.
Ma Loute è, comunque, un film sorprendente, spiazzante, divertente, che non manca, nei suoi placidi interrogativi, nelle malsane invenzioni, nelle sue interruzioni e nei suoi voli senza spiegazioni, di suscitare anche un filo di sottile inquietudine che rende tutto più ambiguo e più intenso. In un mondo dove lo stesso oggetto può avere due nomi completamente differenti in funzione della classe sociale cui si appartiene e dello sguardo che si porta sulle cose, Dumont continua, fedele alla sua natura, ad esplorare la natura dell’animo umano.
Commento finale - 65%
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Ma Loute
Ambientato nel nord della Francia ai primi del novecento, Ma Loute contrappone ad una famiglia di cannibali raccoglitori di vongole e "Traghettatori di persone", una nobile e frivola. Gli attori esagerano nel plasmare personaggi eccessivamente ridicoli attraverso posture folli e risate malate quasi teatrali nell'intento di creare un umorismo grottesco ben studiato. Un commissario grasso che rotola per guardare le prove, una dama che insulta i camerieri, una zia eccessiva in tutto e una ragazza che si veste da uomo, Dumont dipinge un mondo che tenta di abbracciare tutte le sfaccettature dell'essere umano che è capace di tutto e del contrario di tutto senza tralasciare l'aspetto sociale e una forte avversione verso il ceto nobile.