Scritto a sei mani con Pasquale Plastino e Massimo Gaudioso, in L’abbiamo fatta grossa, Carlo Verdone torna al cinema, raccontando con divertente sarcasmo le vicissitudini rocambolesche di due scellerati sfigati che si trovano coinvolti in situazioni paradossali e squisitamente inaspettate. Via dunque le riflessioni familiari delle ultime pellicole targate Verdone, l’impianto di L’abbiamo fatta grossa è quello della detective story, in chiave comica e “sfigata”. Verdone decide di fatto di dirigere la sua filmografia verso una direzione inedita: l’attore e regista romano abbandona infatti la sua personale osservazione critica di vizi e virtù degli italiani, per imbastire un film strutturato secondo meccanismi di pura comicità, in cui è la successione degli avvenimenti a farla da padrone.
Appare ottima la scelta di Antonio Albanese: Verdone si mette vicino qualcuno alla sua altezza e questo crea un dialogo e confronto vivacissimo, invece di una coppia “squilibrata” come era successo in precedenza. C’è una felicità di racconto in L’abbiamo fatta grossa e un gusto nel recitare, di giocare insieme tra due grandissimi, che ti porta a entrare nel film con leggerezza. L’accoppiata Verdone- Albanese, non poteva essere più congeniale in un ritratto divertente di questi due disadattati che, in fondo, hanno in comune la colpa di essere due falliti, uno in amore e l’altro nell’ambito professionale. Interessante inoltre la fiamma di Arturo, l’esordiente Anna Kasyan. La nota cantante lirica armena e la comicità seria di Carlo Verdone che si sposa alla perfezione con la comicità drammatico-grottesca di Antonio Albanese, sono le sorprese più gradite del film.
Il film sembra carburare lentamente, anche perché la scrittura dell’opera ha due piani narrativi – la sfiga dei protagonisti e un noir che fatica ad ingranare – e deve gettare le fondamenta di una trama intricata al punto giusto. Inoltre qualche leggerezza di troppo a livello di sceneggiatura implica la credibilità complessiva del racconto. Va bene il suo essere pressoché parodistico, ma in alcuni frangenti il film si perde in “stupidaggini” di troppo, volte alla risata facile, che potevano essere evitate.
Girato in una Roma cinematograficamente poco conosciuta, come il quartiere Castrense, Nomentano, Montevere vecchio, Centocelle e Trionfale e il Caffè Tevere, che come ricorda Verdone in conferenza stampa conserva l’antichità della capitale degli anni ’50, esaltata dalla fotografia di Arnaldo Catinari, L’abbiamo fatta grossa prende vita con il leggero tenore di una commedia in realtà centrata su due uomini disperati, a lungo vittime di un destino beffardo. Ci si aspetterebbe, quindi, un happy ending che, però, non arriva. La sorpresa sta infatti nell’assistere ad un finale di denuncia sociale, in quello che sembrava un film favolistico e strutturato puramente per ridere.