“La vita possibile”, Ivano De Matteo porta al cinema la storia di una donna, di suo figlio e delle loro difficoltà. Un racconto di speranza e rivalsa alla ricerca di sensibilizzazione sulla tematica della violenza subita dalle donne.
Anna (Margherita Buy) e suo figlio Valerio (Andrea Pittorino) sono costretti a fuggire a Torino per via delle violenze subite da un marito incredibilmente aggressivo. Fortunatamente per loro ad accoglierli c’è Carla (Valeria Golino), amica di vecchia data della donna, disponibile ad ospitali in casa sua. Sarà l’inizio di una nuova vita con non poche difficoltà per entrambi.
“La vita possibile” è un susseguirsi di brevi scene, brevi episodi ostentatamente drammatici, che mirano a farci provare empatia per questa famiglia separata e spiazzata dalla violenza. Dalla musica alle interpretazioni, tutto manifesta miseria, tristezza e pena che gli spettatori dovrebbero provare commuovendosi per le situazioni così infelici dei personaggi. Quello che manca perchè la formula funzioni è una qualsivoglia sorta di trama, che in questo caso è assolutamente inconsistente. Il film è totalmente privo di intreccio, gli eventi che si susseguono sono solo scene a caso che cercano di mantenere un’atmosfera cupa. La struttura può ricordare vagamente un neo-neorealismo, che però privato della sua forza, sembra una sbiadita imitazione, che mira al facile sentimento del pubblico. Il regista Ivano De Matteo, mostra le difficoltà che una donna è costretta ad affrontare in seguito ad una fuga dai costanti abusi subiti. Anna deve ricominciare da capo, privata della vita che si era costruita e colma di paure e diffidenze. Quello che la dovrebbe sollevare è appunto la sua amicizia con Carla che però nel film un po’ manca e anzi, il suo personaggio quasi scompare nella seconda metà dell’opera.
“La vita possibile” presenta tutte le caratteristiche del tipico drammone italiano : dalla canzone di Jovanotti che sottolinea il momento più drammatico, alla denuncia canonica e sconclusionata della violenza sulle donne, a momenti di isteria (o tristezza struggente) manifestati da pianti e grida. Oltre a delle bellissime immagini, una regia (dal punto di vista visivo) delicata ed elegante e delle interpretazioni discrete, “La vita possibile” non offre nulla di concreto, se non un senso di pena. Non cerca di andare oltre alla morale scontata, non offre nulla di più che la glorificazione dei valori del bravo italiano che si rispetti: la famiglia e il calcetto.
Commento Finale - 60%
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Un film sovraccarico di scene drammatiche, di episodi di amore e speranza che non portano ad una conclusione concreta. Tutte le possibilità di una ricerca profonda e una visione nuova alla questione della violenza sulle donne, sono abbandonate, andando invece a toccare i soliti temi che commuovono senza sforzarsi. Il film non è necessariamente spiacevole, tutto quello che è negativo per una fetta di pubblico più esigente, può essere anzi positivo e stimolante per chi nel cinema cerca una conferma scontata dei più basilari valori.