Arriva nelle sale italiane distribuito da Good Films In nome di mia figlia, la storia vera di André Bamberski, un commercialista francese, che per ottenere la condanna del medico tedesco che gli aveva violentato e ucciso la figlia quattordicenne ha dovuto lottare per trent’anni.
Vincent Garenq torna a occuparsi di giustizia, dopo due lavori che indagano il tema da altre angolature, con In nome di mia figlia, opera che racconta la storia vera di André Bamberski, un commercialista francese che non si rassegna alla morte della figlia quattordicenne, avvenuta secondo dinamiche poco chiare durante una vacanza in Germania con la madre e il patrigno. Proprio quest’ultimo, diverrà ben presto il principale indiziato del decesso della ragazza e contro di lui il padre ingaggerà una lotta legale, pronta a sconfinare in metodologie d’indagine poco ortodosse.
Volendo evidenziare soprattutto l’ostinazione e la forza di un padre che spende trent’anni della sua vita alla ricerca di giustizia per la morte della figlia, In nome di mia figlia vive soprattutto dell’intensa interpretazione del suo protagonista Daniel Auteuil. Drammatico e composto nel dolore che prova, Auteuil è completamente a suo agio nei panni di questo padre e nella sua quasi follia: credere fortemente nella giustizia nonostante questa continui a voltargli le spalle.
Raccontando il punto di vista di questo padre, Garenq lascia indietro alcune figure, forse le più interessanti, costruendo così personaggi non a tutto tondo: il patrigno cattivo, incarnato da Sebastian Koch, la madre della ragazza (Marie-Josée Croze) che rimane per lungo tempo a fianco del suo nuovo compagno, continuando a difenderlo quasi ossessivamente, sulla carta avevano delle potenzialità tragiche che non vengono esplorate. Nonostante la cospicua presenza sullo schermo, anche la nuova compagna del padre (Christelle Cornil) appare poi come una figura di passaggio.
Quasi un reportage giornalistico e scevro da particolari sentimentalismi, il film scorre molto velocemente puntando su una struttura quasi diaristica, in cui i fatti vengono narrati cronologicamente con alcune libertà narrative rappresentate da flashback che aprono, e ogni tanto si inseriscono nel fluire della storia, nel momento in cui Andrè infrange la legge per amore della figlia e sete di giustizia.
Pulito, veritiero, non esente da suspense, In nome di mia figlia fa riflettere e indignare sulla fallibilità dei verdetti, sui lacci burocratici tra i paesi europei, blocchi di frontiera che possono impedire di arrivare alla verità e all’equità della pena. Trent’anni di lotta per questo padre che non ha mai smesso di volere giustizia per sua figlia.
Commento finale - 68%
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In nome di mia figlia
La vera storia di Andrè Bamberski, che ha lottato per trant'anni per ottenere giustizia sul medico tedesco, secondo marito della sua ex moglie, che ha provocato la morte di sua figlia. Uno strepitoso Daniel Auteuil, affascina e convince grazie ad un'interpretazione drammatica e composta nello stesso tempo. Dettagliata ed essenziale, la vicenda narrata restituisce in modo molto chiaro l'accaduto giudiziale senza mai dimenticare la caparbietà e l'ostinazione di un padre che ha sempre cercato giustizia per la propria figlia.