Diretto da Bernard Rose, regista salito alla ribalta nel 1992 con la trasposizione cinematografica di “The Forbidden di Clive Barker” (Candyman – Terrore dietro lo specchio), il nuovo adattamento di “Frankenstein”, il classico di Mary Shelley, arriva al cinema in una versione in chiave fantascientifica che guarda alla clonazione delle cellule come denuncia sociale.
Ambientato nella Los Angeles dei giorni nostri, la nuova epopea della creatura viene caratterizzata da un racconto vissuto completamente dal punto di vista del mostro. Dal laboratorio al rigetto del proprio organismo e dei suoi creatori, il novello Frankenstein (Xavier Samuel) vaga desolato in una Città degli Angeli malata e priva di umanità nei confronti del diverso. Uno sci-fi dal sapore gotico e un pizzico di romanticismo per un prodotto che cavalca la teoria della rigenerazione molecolare per modernizzare uno dei romanzi più influenti del genere horror, gotico e fantascientifico della letteratura. Un progetto ambizioso che guarda alla coscienza e diversità come riflessione e denuncia sociale.
Da un punto di vista puramente etico e ideologico, il lavoro di Bernard Rose è intrigante. Entrare nella testa della creatura e capire i suoi pensieri e le sue sofferenze offre assolutamente un punto di vista diverso della storia che analizza e delinea i motivi della sua rabbia nei confronti di un mondo che lo rifiuta.
Caratterizzato da uno stile registico anni 70, è un film ricco di spunti interessanti e analisi sulla superbia e sulla cattiveria dell’essere umano. Nonostante i buoni propositi, alterna spesso dialoghi e azioni al limite del ridicolo mortificando con soluzioni narrative povere quanto di buono costruito. Intrigante per i fan del genere.