Dopo 17 anni da “Come te nessuno mai”, Gabriele Muccino torna al romanzo di formazione con L’estate addosso, un coming of age con scelte da prendere e cambiamenti da intraprendere, nel viaggio dell’estate dopo la maturità.
A 17 anni di distanza da “Come te nessuno mai”, Gabriele Muccino, con L’estate addosso, porta nuovamente sul grande schermo, passando per Venezia ’73, un coming of age, un viaggio di maturità raccontato in un film “low budget” rispetto agli ultimi ma di nuovo girato negli Usa. Protagonisti sono Marco (Brando Pacitto) un adolescente alle prese con le scelte per il proprio futuro e che si interroga costantemente sulla morte,e Maria (Matilda Lutz), una giovane secchiona, bigotta lasciata a Roma dalle amiche perchè considerata una “suora”. Ad accoglierli negli States c’è una coppia omosessuale, Matt e Paul. Quella che inizialmente nasce come un’impossibile convivenza a quattro si tramuterà invece in una travolgente amicizia che li porterà a vivere fianco a fianco per quasi un mese, tra risate e baci rubati, confessioni passate e desideri futuri, segnando un’estate che nessuno di loro riuscirà più a togliersi di dosso.
C’è molto del Muccino italiano in questo suo decimo film: i movimenti di macchina, il modo in cui fa muovere i suoi personaggi tra le mura domestiche, di stanza in stanza usando le porte che si aprono e si chiudono come sipari che dettano il ritmo al film. Originale appare la scelta di far interagire due adolescenti alle prese con le proprie scelte di vita con una coppia omosessuale, anche se poi finisce col dilungarsi in flashback dal passato che smorzano il ritmo “da viaggio” della storia; interessante e naturale inoltre la scelta di alternare in scena l’italiano all’inglese. Nel costruire quest’amicizia, che oscilla pericolosamente tra affetto e amori impossibili, il regista da’ il meglio di se’, sottolineando come differenze e preconcetti possano tranquillamente cadere dinanzi al rispetto e al confronto reciproco. Una parte centrale in cui il film ‘regge’, facendo avvicinare i 4 ragazzi.
Peccato che L’estate addosso finisca per perdersi in esagerazioni, in dialoghi non idonei e poco credibili evoluzioni, tra svolte on the road e innamoramenti lampo e caratterizzazioni esagerate (la Lutz passa dall’omofobia al gay friendly in 12 ore). Isterismi qui contenuti, ma in un paio di occasioni almeno portatori sani di involontarie risate, come nel surreale finale in cui addosso all’estate appena vissuta dai protagonisti cade addosso una montagna di eccessi. Basta una passeggiata al parco per superare i pregiudizi sugli omosessuali? Basta ubriacarsi una volta per “crescere”?
L’estate post-maturità, il malcontento adolescenziale, il viaggio oltreoceano, la sessualità, l’omosessualità, la bisessualità, la rabbia, il rifiuto, i paesaggi da cartolina, l’omofobia, l’innamoramento, l’alcol, la paura della morte: temi questi di Muccino organizzati tanto disordinatamente da non ottenere nessun effetto.
L’estate addosso, dunque, non centra l’obiettivo sperato. La storia di un’estate spensierata da teen movie non viene qui attuata per lasciar posto ad un’opera da adulto, narrata con il punto di vista di chi ragazzo non è e li guarda dall’alto. Come spesso capitato anche in passato nei film del regista è la misura nei toni a mancare, per un Muccino, forse, mai tanto artificioso nel provare a raccontare quello stato dell’anima in cui, quando qualcosa improvvisamente cambia, nulla sarà più come prima.
Commento finale - 55%
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L'estate addosso
Dopo le ultime esperienze americane, Muccino prova a depurarsi dai film a grande budget con L'estate addosso, opera che, attraverso il grande topos del viaggio, racconta i cambiamenti e le scelte che avvengono nell'estate successiva all'esame di maturità. C'è molto del Muccino italiano in questo film: i movimenti di macchina, il modo in cui fa muovere i suoi personaggi tra le mura domestiche, di stanza in stanza usando le porte che si aprono e si chiudono come sipari che dettano il ritmo al film. Il regista ci prova a raccontare questa libertà che si respira in questa estate in cui le cose che avvengono te le porti dietro per sempre, ma il suo sguardo è quello di un uomo adulto e la narrazione rispecchia il suo punto di vista, non riuscendo a centrare appieno l'obiettivo prefissato.