Elvis & Nixon: La tagline del film lo considera “il più Rock dell’anno”: la sua natura ribelle passa per la scelta di tratteggiare un biopic atipico e nell’assistere ad un faccia a faccia tra due delle più famose icone americane.
Il fascino esercitato dai biopic al cinema è innegabile: avere la possibilità di spiare, per la durata standard di 90’ o più, la vita segreta di persone ordinarie realmente esiste capaci di grandi gesti o di celebrità che, ancora oggi, veneriamo come vere e proprie “icone laiche” oggetto di culto, non ha decisamente prezzo. Figuriamoci quando, sullo schermo, a prendere vita (corpo, tick, ma soprattutto voce) sono due giganti della cultura e dell’immaginario pop mondiale come Elvis and Nixon, alle prese con un insolito incontro proprio nel cuore della Casa Bianca: queste sono le premesse dell’omonimo film diretto da Liza Johnson, che si è ritrovata ad evocare numerosi spettri degni di una seduta spiritica.
Prima di tutto lo spettro di uno specifico contesto storico: gli Stati Uniti del 1970, immortalati nel passaggio cruciale dalla fine di un’utopia selvaggia (quella della cultura hippie e del ’68 post Woodstock e Altamont) e l’avvento di una nuova era, ben lontana però dai fasti evocati dall’astrologia e dalla costellazione dell’Acquario: in Vietnam continua un conflitto sanguinoso che ha scosso la gioventù statunitense facendola appropriare di una coscienza sociale, sfociata nelle contestazioni di Berkeley e delle Università; anche le Pantere Nere acquisivano coscienza sociale, razziale e di classe ed erano pronti – per la prima volta – ad affrontare con determinazione la segregazione perpetuata dai “bianchi” WASP; gli Stati Uniti evocati dalla Johnson sono ancora lontani dallo scandalo Watergate (arriverà nel 1972) e dalla morte dell’unico Re (1977) che gli States abbiano mai accettato: Elvis Presley, The King of Rock che ha permesso alla musica Blues destinata ai margini della società di irrompere nell’immaginario di massa attraverso le sue canzoni e la sua peculiare voce calda da ragazzo del sud, fondando un genere come il Rock ‘n‘ Roll e influenzando intere generazioni di artisti. I due spettri che dominano, ovviamente, il set inscenando un vero e proprio “ping pong” mentale a colpi di battute e gesti sono proprio il Presidente degli USA, Richard Nixon, e il Re del Rock Elvis, interpretati rispettivamente da due camaleonti umani come Kevin Spacey e Michael Shannon, che si sono approcciati ai loro ruoli con curiosità evitando di ricadere in banali cliché o mere imitazioni, sforzandosi piuttosto di mimetizzarsi (grazie anche al “trucco e parrucco”) indossando la pelle delle due icone pop, famose nel resto del mondo come forse solo la Campbell’s Soup riprodotta all’infinito da Andy Wharol: due simboli della cultura americana iconoclasta e di massa, due simboli di un’epoca alle prese con il tracollo delle illusioni e la fine delle cavalcate selvagge nel cuore dell’utopia (basti pensare che, solo un anno prima, nelle sale americane usciva Easy Rider).
In Elvis and Nixon viene ritratto l’improbabile colloquio intrattenuto tra i due il 21 Dicembre 1970, quando davvero il cantante “invase” con il suo entourage (la famosa “Memphis Mafia”) lo Studio Ovale della Casa Bianca per parlare con Nixon: nel film, il suo intento è quello patriottico di aiutare il proprio paese – minacciato dalle dilaganti degenerazioni hippie e drogate – facendosi nominare agente federale sotto copertura, con tanto di distintivo. La premessa – basata su testimonianze reali, cronache dell’epoca e racconti in prima persona degli amici del Re – permettono alla Johnson di ricostruire perfettamente lo spirito del tempo risucchiando lo spettatore nel mood di quel periodo, strutturando in tal modo un semi – biopic atipico che affonda nella realtà, nel non fictional, per poi prenderne le distanze e tratteggiare due ritratti molto più che umani di due personaggi talmente famosi da rischiare di restare incastrati nel loro stesso mito.
Commento Finale - 65%
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La premessa dell'incontra tra Elvis e Nixon – basata su testimonianze reali, cronache dell’epoca e racconti in prima persona degli amici del Re – permettono a Liza Johnson di ricostruire perfettamente lo spirito del tempo (gli USA degli anni '70 scossi dalle contestazioni) risucchiando lo spettatore nel mood di quel periodo, strutturando in tal modo un semi – biopic atipico che affonda nella realtà, nel non fictional, per poi prenderne le distanze e tratteggiare due ritratti molto più che umani di due personaggi talmente famosi da rischiare di restare incastrati nel loro stesso mito, quasi come le famose Campbell's Soup riprodotte all'infinito da Andy Warhol.