Abbiamo incontrato l’italianissima Francesca Natale, character art director di “Angry Birds – Il Film” e ci siamo fatti raccontare come sono nati i personaggi del film e i suoi prossimi progetti.
3 miliardi di download nel mondo per le app, 5 miliardi di spettatori per la serie tv, 2 miliardi di visualizzazioni su Youtube, 26 milioni di followers sui social. Questi i numeri di Angry Birds il film, adattamento cinematografico del gioco per mano di Clay Kaytis e Fergal Reilly, che dal 15 Giugno “vola” nei cinema italiani, in 500 copie distribuite da Warner Bros, dopo lo strepitoso successo internazionale ottenuto, con oltre 300 milioni di dollari di incassi globali.
Abbiamo incontrato, ieri, a Roma, la mamma italiana degli Angry Birds, il Character Art Director Francesca Natale che è riuscita nel difficile compito di avere questo ruolo importantissimo in un film d’animazione di portata internazionale e ad altissimo budget, ruolo che nessuna donna ha ricoperto fino a questo momento, come lei stessa ci racconta: “Ho fatto le mie ricerche e non ho trovato, ad oggi, nessuna. La ricerca l’ho fatta semplicemente per sensibilità perché ci sono poche donne nel cinema, e nel cinema d’animazione in particolare, che ricoprono ruoli creativi così importanti. Mi fa molto piacere perché sto ricevendo molte mail da giovani ragazze che lavorano nel cinema e per me è una cosa molto gratificante.”
Ha curato il character design di personaggi che nascono in 2D e che sono molto poco caratterizzati visto che fanno parte di un puzzle game. Come ha lavorato per renderli credibili non solo graficamente ma anche nel carattere, nelle espressioni?
“Dare credibilità ai personaggi è stata la parte più impegnativa del progetto all’inizio. Quando sono stata ingaggiata mi sono trovata immediatamente in sintonia con John Cohen, produttore del film, e da li è partita l’esplorazione. Non ho avuto alcun tipo di vincolo dal punto di vista creativo o grafico, l’unica richiesta era, ovviamente, di prendere questi personaggi, dargli gambe e braccia e fare in modo che fossero abbastanza sofisticati affinché avessero una performance di un certo tipo sul grande schermo e intrattenere un pubblico per due ore. La sfida è stata quella di creare dei personaggi molto familiari, che fossero riconoscibili da tutti come gli Angry Birds, ma che allo stesso tempo fossero strutturalmente e graficamente molto più sofisticati rispetto al gioco. A livello grafico, l’operazione è stata quella di mantenere inalterati alcuni dettagli: con Red, in particolare, Rovio utilizza lo sguardo, gli occhi, le sopracciglia e il becco come un vero e proprio logo, che è riconoscibile su qualsiasi loro prodotto. Era difficile distaccarsene e fare sì che il personaggio fosse riconoscibile e riconducibile all’icona che vediamo nel videogioco. Dunque, dopo vari tentativi e esperimenti, ci siamo soffermati sulla sintesi grafica della sua silhouette in modo che richiamasse sia il tono che lo stile del gioco, che è enormemente iconico e ci siamo concentrati sul viso, sugli occhi e sulle espressioni. Quello che vedete sullo schermo è il risultato di un lavoro lunghissimo.”
Tecnicamente come funziona? Da dove si inizia?
“Il punto di partenza per me, è sempre stato il videogioco e i suoi personaggi, portare graficamente, quindi, nel film gli elementi del gioco. I personaggi sono molto grafici e hanno forme molto riconoscibili: il triangolo, il cerchio, l’ellisse, la forma ovale. Ho preso questi elementi e li ho riportati nell’adattamento dei personaggi che vedete nel film. Anche nel film i personaggi hanno una silhouette molto iconica ed è questo che li rende facilmente riconoscibili. E’ difficile, soprattutto perché hanno un design molto minimal, è facile ricordarli, amarli perchè sono quasi dei logotipi. Per il passaggio dal 2D al 3D, abbiamo fatto gran parte del lavoro utilizzando delle sculture digitali. Una volta approvati i bozzetti dalla produzione e dai registi ho lavorato proprio con uno scultore digitale, con il quale abbiamo speso una gran quantità di tempo per trasporre i bozzetti in modelli tridimensionali. Una volta approvati i bozzetti in 3D con Rovio, abbiamo costruito il model pack che è stato trasportato in Sony. Ed è lì che è cominciato il processo vero e proprio di elaborazione dei personaggi. La creazione delle piume, in particolare, è una delle cose più complicate da realizzare in CGI. L’obiettivo era quello di avere dei personaggi che dessero una sensazione di “sofficità” molto forte. Ci sono voluti più di nove mesi per raggiungere dei risultati che soddisfacessero lo studio. C’è molto lavoro dietro queste cose, soprattutto dal punto di vista di ricerca e sviluppo, del software.”
Quali sono i personaggi che preferisce?
“Chuck mi piace molto!! Vabbè Red, il protagonista, è simpatico e colpisce sempre di più, ma devo dire che i personaggi di contorno che abbiamo ottenuto sono straordinari e c’è stato più spazio per realizzarli. Amo Chuck, Matilda per il suo potere speciale. I pulcini, in particolar modo, stanno avendo un successo straordinario in tutto il mondo ed erano partiti come personaggi super secondari. E poi tra i maiali il re, solo perchè è un pazzo scatenato.”
Per Grande Aquila, mi sembra ci sia stato un lavoro diverso, con un’aspetto grafico diverso nella presentazione. C’è stato un particolare trattamento per lui?
“E’ vero. Nel gioco, se ci fate caso, i personaggi non sono identificabili con delle specie precise di uccelli. All’inizio ho provato a fare degli esperimenti che riportassero il design dei personaggi a delle specie esistenti. Alla fine, abbiamo voluto mantenere solamente un personaggio come identificabile con una specie precisa. Nella storia, la sua unicità è data proprio dal fatto che è l’unico che può volare, quindi ha un senso. Gli altri personaggi sono molto antropomorfi, e anche quella non è stata una scelta immediata. All’inizio, quando non avevamo deciso ancora nulla, il dubbio era se fare dei personaggi del film degli animali realistici o se renderli antropomorfi. Questo dubbio è andato avanti per mesi, poi, abbiamo scelto la seconda opzione perché ci apriva molte possibilità di rendere il film ancora più divertente. Il villaggio degli uccellini è, a tutti gli effetti, un villaggio di “creatures”: è popolato da abitanti che effettivamente ricordano degli uccellini ma che in sostanza non sono identificabili con nessuna specie in particolare. E l’unico che sa volare è la Grande Aquila. Per lui dovevo rimanere abbastanza vicina a quella del gioco, per cui doveva essere identificabile come aquila, una sorta di figura mitica. E poi c’è un altro personaggio che ricorda una specie ben definita ed è il giudice che ho rappresentato come un gufo, per l’importanza e la simbolicità che riveste nella società degli Angry Birds“
Aveva già lavorato in produzioni di alto profilo, ma Angry Birds è stato un progetto enorme che ha visto anni di sviluppo. Come è stato rapportarsi con una produzione di questo tipo? Che spazi di creatività ha avuto?
“Sono stata molto fortunata. Mi hanno dato praticamente carta bianca. Questo perché innanzitutto mi sono trovata benissimo con il produttore John Cohen, che è la persona con la quale ho lavorato di più. Tutto lo sviluppo dei personaggi principali è andato avanti insieme a lui, ancora prima che venissero coinvolti i registi. Dunque, ho avuto molta libertà decisionale anche dopo. Per me è stato fantastico, perché un’opportunità del genere accade molto raramente. Ci sono designer con esperienze professionali molto consolidate che non hanno tutta questa libertà in case di produzione grandi, o che almeno arrivano ad averne dopo molto tempo. Io invece ne ho avuta moltissima già dalle prime fasi del progetto. Sicuramente ciò è anche dovuto al fatto che questo film, da un certo punto di vista, possiede molti caratteri tipici della produzione indipendente. L’ha finanziato Rovio, che ha voluto mantenere proprietà creativa su tutto. Dopotutto, l’unico modo di avere voce in capitolo sulle scelte di un film è finanziarlo. Chiaramente, Rovio si è poi appoggiata alla potenza produttiva della Sony.”
Il film è già un successo. Lavorerà anche a un probabile sequel?
“Del sequel si parla, è vero, ma non è stato annunciato ufficialmente quindi ancora non posso confermare nulla. Il primo film è stato concepito quasi per mettere una base narrativa, c’è tanto spazio per sviluppare altre storie che mi fa pensare che ci sarà un seguito.”
Quali studi ha intrapreso per arrivare dove è arrivata?
“Ho un percorso molto insolito rispetto ad altri che fanno questo tipo di lavoro. Prima di tutto sono nata e cresciuta in Italia e in Italia c’è dell’animazione ma non a livello internazionale. Non ci sono grandi scuole per cui io nasco come illustratrice dopo essermi laureata in storia dell’arte moderna e contemporanea con una scelta maturata non da subito. La mia formazione specifica per l’animazione l’ho avuta lavorando, con uno studio di Roma che produceva una serie tv finanziata da Mediaset che non ha mai visto la luce ma che però è stata una palestra fantastica. Il progetto era molto ambizioso e sono stati radunati specialisti da varie parti d’Europa e noi italiani eravamo solo tre e abbiamo molto imparato da questi professionisti e poi abbiamo trovato la nostra strada. Dopo un po di anni sono andata via e le cose sono cambiate.”
E’ necessario quindi andare via?
“Eh si, per crescere è necessario. Io dopo quest’esperienza sono rimasta ancora alcuni anni a Roma. Con la Mondo che produce delle cose grazie a buoni finanziamenti sono stata alcuni anni avendo l’opportunità di fare design su interi cast. Ho lavorato molto sulla quantità e mi sono allenata sul diversificare il mio modo di disegnare in base a ciò che mi veniva assegnato. Poi ad un certo punto se vuoi vedere la fine del tuo lavoro su uno schermo, salire di livello come professionista e la scarsità di lavoro qui, mi ha spinto ad andare fuori. Ho girato Festival e mi sono sempre molto mossa. L’opportunità di lavorare all’estero è capitata tramite un mio collega di uno studio piccolo di Roma che era già andato all’estero, era stato assunto a Vancouver e loro avevano bisogno di un designer e mi hanno chiamata. Succede così alla fine.”
Quale consiglio si sente di dare ai giovani che oggi vogliono intraprendere questo mestiere? Quale percorso consiglia di intraprendere?
“C’è molta istruzione online a grandi livelli anche per l’animazione. Conosco vari animatori in Canada che son passati attraverso questa scuola. C’è di tutto, c’è design, c’è concept art, c’è videogiochi, quindi se ricominciassi adesso e non potessi permettermi di spostarmi in Francia per studiare alla Gobelins oppure in Canada allo Sheridan College, farei scuole di animazione online. E poi mi lancerei per Festival, c’è il festival di Annecy, grazie al quale ho trovato uno dei miei primi lavori più duraturi incontrando un regista che cercava designer, e poi a Los Angeles c’è un grandissimo evento di Animazione che si chiama CTN (Creative Talent Network) che ha una sezione in cui sono rappresentati gli studi più importanti nel mondo e hanno un’attività di recruitment fortissima e per chi non ha possibilità di fare il viaggio, pagarsi l’albergo e stare li si può fare anche online e c’è un concorso per talentuoso e ti pagano il biglietto. Volendo ci sono i modi, bisogna essere molto determinati.”
E’ vero che nei progetti futuri ha un film di animazione per adulti?
“Sì, è un progetto che ho con mia sorella Ginevra Natale che è una sceneggiatrice, lo abbiamo costruito in vari anni, si chiama Freestyle – A ruota libera, ed è, praticamente, un Inferno di Dante in versione pulp, dove Dante è un giovane iniziato al crimine e dove l’Inferno sono tre città italiane Napoli, Roma e alcune città di provincia del Veneto. Siamo andate in giro a fare il pitch ma non è facile proporlo a livello di mercato. In Nord America, soprattutto, l’animazione è vista come un prodotto per famiglie perchè è la famiglia che porta l’incasso. Cominciano ad esserci dei tentativi di produrre e distribuire film diversi, per un pubblico diverso e mi viene in mente Sausage Party prodotto da Seth Rogen e lo aspettiamo un po tutti perchè se quello va bene può fare da apripista. Per tornare al nostro lavoro, probabilmente finiremo per fare una graphic novel che è più fattibile dal punto di vista economico. In caso di un buon riscontro da parte del pubblico, potrebbe innescare un altro tipo di progetto. La vedo difficile… a meno che Seth Rogen….”