1001 Grammi, una metafora dell’esistenza in forma metrico decimale
“1001 Grammi” ha per protagonista Marie (Ane Dahl Torp), un’impiegata all’ufficio norvegese dei pesi e delle misure, che vive una vita ordinaria, alquanto monotona e ripetitiva. Il fluire dei giorni scorre in maniera lineare, organizzata, e tutto attorno a lei sembra essere al suo posto finché, alla morte del padre, anch’egli impiegato nella stessa azienda, deve andare a sostituirlo a Parigi per il seminario di fama mondiale sulla determinazione del peso. Qui conosce un uomo, Pi (Laurent Stocker), un giardiniere- fisico (impersonato da un attore decisamente troppo basso per la coscialunga norvegese) che le fa riscoprire sensazioni dimenticate.
Tutto ruota attorno alla metafora esistenziale del “peso” della vita. Questa donna tipicamente nordica che si trova a dover sempre misurare e pesare tutto per lavoro, capisce che in realtà le cose a cui dovrebbe badare, le cose che dovrebbe pesare nella sua esistenza, sono ben altre rispetto a quelle che si misurano con un righello o si pesano con una bilancia. Dopo vari eventi importanti, come la morte del padre e l’incontro con Pi, Marie realizza di aver attorno un baratro di solitudine e che tutto intorno a lei stia andando in pezzi.
I toni della pellicola sono freddi, il colore bianco è costantemente sinonimo di vuoto, e il ritmo delicato. Le musiche non sono brusche e il silenzio diventa un personaggio importante: fa da contorno al procedere della storia, che scorre lento ma deciso. Forse, ecco, un po’ troppo lento. La storia non procede velocemente ma è anche questo il suo fascino, poiché è l’insegnamento finale la cosa più importante che dobbiamo cogliere.
La frase migliore del film viene detta da Pi in una conversazione con Marie:
“La vita a volte ha bisogno del caos. Tutto quello che cerchiamo di scoprire è semplicemente chi siamo”.
Il titolo, “1001 Grammi“, ci rammenta che non è sempre la perfezione, il 1000, che dobbiamo ricercare. A volte, è proprio quell’1, quel caos, a renderci felici.
Commento finale - 60%
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1001 grammi: una metafora dell'esistenza in forma metrico decimale. I toni della pellicola sono freddi, il colore bianco è costantemente sinonimo di vuoto, e il ritmo delicato. Le musiche non sono brusche e il silenzio diventa un personaggio importante: fa da contorno al procedere della storia, che scorre lento ma deciso.