Era sulle note di “Stuck in the middle with you” che Michael Madsen, attore eclettico hollywoodiano, torturava il povero poliziotto nel film le Iene, ed è proprio quello che cerca di comunicare l’omònimo regista Danese, “sono bloccato nel mezzo con te”, ed è così forte il messaggio che Madsen impone allo spettatore che sembra veramente di essere legati ad una sedia costretti ad assistere a qualcosa su cui non abbiamo nessun potere ma soprattutto nessuna consapevolezza.
Tralasciando la precedente metafora, ci sono 3 elementi semplicissimi che compongono o un film o un documentario, il suono le immagini ed un racconto, che sono complici e responsabili di quelle che sono le “emozioni”. Essenziali, efficaci per un impatto sbalorditivo. A cosa cercano di portare questi tre elementi alla portata di tutti? Ad una semplice considerazione in realtà, se sei un talento di una furbizia sopraffina, sai bene quando utilizzare e mescolare i 3 famosi principi alternandoli là dove serve, capendo perfettamente dove intervenire, aumentando l’ impatto visivo e sonoro quando la storia va a calare o quando no, ed è quello che il regista riesce a fare per 90 minuti con “The Visit“, dove tutto si mescola in una stupefacente tecnica che va al di là dei semplici documentari di denuncia, comunque validi ma che non vogliono essere cinematografici per forza.
La straordinaria sensibilità dell’ autore sta anche nel cercare di rendere gli slow motion estremi, che sono presenti nel film e che sono clamorosi, parte della drammaticità usandoli per trasmettere la critica ancora in maniera più marcata, semplici riprese di persone che camminano per strada, diventano un fortissimo messaggio, che va a completarsi nel finale con un epilogo che non può che farci riflettere sulla domanda esistenziale che tutti quanti ci poniamo da sempre : ” Esiste un disegno o siamo governati dal caso?(cit.)