Ispirato liberamente all’omonimo romanzo di Gaetano Savatteri, Uno per tutti mette in scena una vicenda amorale, nella quale solamente il sacrificio dei più giovani può salvare le colpe dei padri.
Pellicola che alterna presente e passato, Uno per tutti non riesce ad appassionare e finisce per essere un prodotto debole negli intenti e inutile nella narrazione. Tutto quello che accade sullo schermo è detto e mai raccontato. Ogni minaccia, ogni dichiarazione d’amore o relazione di qualsiasi tipo è illustrata al pubblico semplicemente attraverso le parole e mai con le azioni. Sembra che la gelida Trieste in cui si muovono i personaggi di Calopresti sia riuscita a farli gelare, a renderli stitici. Non esiste nessun personaggio ben caratterizzato, approfondito. La scrittura è superficiale come lo è la storia raccontata.
La bravura di Ferracane e Trabacchi non bastano a risollevare le sorti della pellicola, affaticata ulteriormente da una regia pigra e da dialoghi telefonati, talvolta al limite del ridicolo. Discorso a parte per Isabella Ferrari, incomprensibile, forzata e inespressiva. Il montaggio segue uno schema ripetitivo che già dopo qualche minuto si fissa su un ritmo e non lo abbandona più
Uno per tutti dimostra di essere un film piatto emozionalmente e narrativamente. Una pellicola nella quale non si palesa l’obiettivo e l’argomento d’interesse. Un film dimenticabile, che non lascia niente, forse solo la domanda: “…ma perché???”