Momento di grande euforia quello che ci ha regalato Philippe Petit, il funambolo di fama mondiale che il 7 agosto del 1974, esattamente un giorno prima delle dimissioni di Richard Nixon, regalò ai cittadini di New York uno spettacolo unico: la sua celebre camminata su una fune d’acciaio tesa tra le due torri gemelle del World Trade Center non ancora inaugurate. Arrivato alla Festa del Cinema di Roma per presentare il nuovo film di Robert Zemeckis, The Walk, che ripercorre proprio la storia di quell’impresa impossibile, già raccontata dallo stesso Petit nel suo bestseller internazionale, Toccare le nuvole (To Reach the Clouds), abbiamo avuto la possibilità di ascoltare attraverso le parole del protagonista stesso le emozioni, le paure e la bellezza di aver affrontato una tale sfida.
Cosa ha pensato quando le torri gemelle sono crollate?
“Mi chiedono spesso che cosa ho provato all’indomani di quell’evento, ma è una domanda alla quale non amo rispondere. Perché non so come esprimere un’emozione così dolorosa, legata soprattutto all’idea di quante migliaia di persone hanno perso la vita”.
Crede che il funambolismo possa mai diventare uno sport? E com’è sentirsi solo ad affrontare una tale sfida?
“Il funambolismo non sarà mai considerato uno sport, semplicemente perché è difficile che qualsiasi sport possa custodire in sé la profondità di un’arte come questa. E’ come recitare in un teatro nel cielo, dove è impossibile non fare i conti con la propria solitudine, ma quando sei lì c’è qualcosa di nobile nell’essere solo”
Ha seguito passo passo la preparazione del film? Ha istruito l’attore che lo interpreta?
“Ci sono tante cose vere e ci sono alcune cose inventate. Il giovane attore ho insistito che venisse da me istruito, in 8 giorni è stato in grado di percorrere 10 metri sulla fune. Volevo che fosse in grado di capire l’eleganza, l’onestà e anche la sfida che io ho nel mio modo di camminare.”
Nel film si vede che porta sempre con lei una cordicella rossa che stende poi davanti ai suoi occhi, è davvero così? E perchè lo fa?
“La cordicella rossa che vedete nel film la porto realmente sempre con me (e la mostra ai giornalisti presenti), per stenderla di fronte ai miei occhi e vedere dove poter collegare una fune tra un punto e un altro. Prima che si tenda è stupenda, forma quasi un sorriso. E se ci pensate bene che cosa fa un funambolo? Collega le persone, come quando camminai tra due luoghi dove le persone erano nemiche al di qua e al di là del filo, poi unite in un unico applauso”.
È un fiume in piena, Philippe Petit. Un artista a tutto tondo che attraverso il proprio corpo mima in continuazione qualsiasi evento, situazione, ricordo:
“A volte penso di non essere semplicemente un funambolo, mi sento uno scrittore del cielo, un pittore, un regista. Viaggio sempre con matita e taccuino per disegnare, così da poter imprimere in questo modo i miei ricordi. E credo che la tecnologia, o meglio l’eccesso della stessa, possa drasticamente ottundere i nostri sensi. Che invece dovremmo cercare di mantenere vivi, sviluppare maggiormente…”.
Sa che potrebbe realizzare dei “fantastici” video mentre è in bilico su qualche fune?
“Fare video mentre sono sul filo? Non scherziamo, sarebbe un qualcosa che non renderebbe mai giustizia alla nobiltà di quell’arte”